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Esclusiva – La storia di Simone Quintieri, il calciatore giramondo

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Una carriera unica, spesa in giro per il mondo, e ancora tanta voglia di sorprendere: Simone Quintieri ha segnato in ogni angolo del pianeta e oggi, direttamente dal Kuwait, si racconta in esclusiva a SportPaper.

QUINTIERI, BOMBER GIRAMONDO

Simone, da dove parte la tua storia?
“La mia avventura è partita dall’Igea Virtus, in Serie C: giocavo lì e feci tre gol in tre partite. Le prestazioni attirarono l’attenzione dei giornali e della Reggina, con Lillo Foti che mise gli occhi su di me promettendomi di fatto un posto in amaranto. Era il periodo in cui un ricco australiano era ad un passo dall’acquisizione – poi mancata – della squadra calabrese e fu proprio lui che, vedendo i miei video, propose i video in Asia. Un direttore sportivo si innamorò di me e son partito”.

Cosa ti resta di quei momenti?
“Ricordo lo spavento di quando mi arrivò una mail lunghissima: all’epoca non conoscevo l’inglese e fu difficile capire tutto. L’offerta però era davvero buona e non ci misi troppo tempo ad accettare. In Indonesia arrivai con nel momento giusto, fui accolto da migliaia di persone e un aeroporto bloccato per il mio arrivo… fu una cosa fantastica”.

Sei anche tornato lì una seconda volta: significa che sei stato davvero bene…
“In Indonesia mi ricordano tutti e lì voglio bene a moltissime persone. Il paese mi è entrato nel cuore, conservo grandi ricordi: il calcio locale attualmente ha dei grossi problemi con la FIFA ma potenzialmente può diventare davvero importante, vivono di calcio proprio come in Italia negli anni ’90”.

Hai mai parlato con Erick Thohir?
“Il capitano della nazionale indonesiana, mio amico ed ex compagno di squadra, ha un ottimo rapporto con Erick Thohir e me ne ha parlato sempre molto bene. Lui non lo conosco, ci presentammo solo una volta in occasione di un evento. Quello che penso sul suo arrivo all’Inter è molto semplice: se ha debiti lui, li ha tutta l’Italia. Dispone davvero di fondi importanti, inoltre un business-man del suo calibro cura ogni minimo dettaglio e non può aver fatto un’operazione così importante senza le dovute sicurezze economiche. La nostra Serie A è destinata ad essere preda di questi magnati”.

Come pensi ti abbia trattato il tuo paese?
“A me l’Italia ha dato tanto, ci tengo a precisarlo. Se oggi ho una reputazione all’estero è grazie all’Italia, che mi ha regalato il professionismo vero dandomi una cultura del calcio unica. Purtroppo quando arrivi in Lega Pro diventa un calcio sporco ed io non ho mai voluto accettare determinate condizioni, decidendo piuttosto di andare via. Detto ciò, ho persone che mi stimano e non sono mai mancate le richieste”.

Un’altra esperienza oltreoceano l’hai vissuta negli States, a Miami…
“Il Miami United, quando sono arrivato io, non aveva niente. Mi ricordo che andavamo a chiedere gli sponsor e facevamo di tutto per portare avanti il progetto. Ora hanno comprato Adriano e per me è bello vedere che ora la società può permettersi certi acquisti. Oltre a viverla a livello calcistico, quella di Miami è stata un’esperienza umana molto forte ed importante. Detto ciò, è davvero difficile fare il calciatore da quelle parti… dopo la mezzanotte (ride)”.

Una parentesi a Malta, il ritorno a Singapore e poi, prima della tua attuale squadra, hai fatto tappa in Malesia.
“Un’esperienza molto positiva, il calcio in Malesia è ad un livello molto alto. Giocano atleti come Figueroa, Fatic, lo stesso El-Hadji Diouf e ci sono squadre paragonabili ad una società di Serie B italiana candidata alla promozione. Si tratta di una qualità di cui mi sono sorpreso io stesso, all’inizio. Anche lo staff tecnico è formato sempre da ex giocatori importanti e bisogna dare atto a questo paese della sua evoluzione calcistica: faccio i complimenti ai vertici del movimento nazionale”.

Ora sei tesserato con l’Al Jahra, in Kuwait: come va?
“Le potenze del Kuwait hanno costruito il 90% di Dubai per la vita mondana mentre a casa loro è tutto molto tranquillo e ‘familiare’: come raggiungere la destinazione? Un volo privato di mezz’ora e si è pronti per la bella vita. Basta per capire lo sfarzo di questo posto? (ride)”.

Sfarzo che si riversa anche sugli stipendi, immagino.
“Qui ci sono dei contratti importanti, d’altronde le tasse sono zero. Io non ho un contratto milionario ma ci sono delle clausole per portarlo a tanto, inoltre mi hanno messo a disposizione una bella casa ed una macchina di lusso. Non posso lamentarmi, in Serie A italiana guadagnano anche 100.000 euro netti mentre io posso avere di meglio: spero di fare bene nelle restanti undici partite per guadagnarmi rinnovo ed adeguamento”.

Le zone in cui hai giocato saranno le piazze calcistiche del futuro?
“Posso dirti che in Malesia, ad esempio, 90.000 spettatori li trovi per un’amichevole, hanno una voglia di calcio pazzesca”.

E in Kuwait?
“Da queste parti non si fanno problemi, dicono che ‘ce ne sono cinque ma valgono per centomila’! Però c’è un problema…”

Prego.
“Vedo giocatori da Serie D italiana che cambiano macchina extra-lusso ogni giorno: con quale grinta possono scendere in campo? Non possono avere fame, c’è poco da fare”.

Chiuderai la tua carriera lì?
“Portare la squadra del mio paese, Terranova da Sibari, dalla prima categoria in Promozione: sarà questo il mio ultimo obiettivo da calciatore”.

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