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ESCLUSIVA – Rischio di infiltrazioni mafiose nel calcio. Tagliente: “Serve intervenire sulla distribuzione dei biglietti e…”

Intervista esclusiva a Francesco Tagliente

Servono maggiori controlli della distribuzione dei titoli e sui sistemi di verifica della titolarità dei biglietti e degli abbonamenti. Sui legami clan-ultras, l’Antimafia ha aperto un’istruttoria con l’obiettivo di individuare ogni connessione tra le tifoserie e la criminalità organizzata. In un passaggio della sua ordinanza di custodia cautelare Stefano Vitelli, il gip del tribunale di Torino, fa riferimento al “preoccupante scenario che vede alti esponenti di un’importantissima società calcistica a livello nazionale e internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultrà”.

Pesante anche quanto emerso dal processo sulla presenza nel capoluogo piemontese delle ndrine crotonesi terminato lo scorso dicembre con 11 condanne. Un pentito, facendo riferimento alla partita Juventus-Arsenal del 5 aprile 2006, avrebbe raccontato che in quella occasione un gruppo arrivato in volo dalla Calabria fu accolto da un ragazzo che gli consegnò i biglietti in una busta. Il pentito avrebbe anche detto di poter disporre ogni settimana di biglietti per l’ingresso allo stadio. Sette anni dopo, sarebbe stato un capo ultrà a ritirare il pacco di biglietti alla reception dell’hotel dove la squadra si ritira prima delle partite.

Per capire cosa sta accadendo nel mondo del calcio e cosa si potrebbe fare per evitare le infiltrazioni della criminalità nel mondo del calcio abbiamo intervistato Francesco Tagliente estensore della normativa antiviolenza negli stadi negli in cui furono introdotti i biglietti nominativi e la tessera del tifoso che avrebbero dovuto impedire il pericoloso e inquietante legame di affari fra esponenti ultrà e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.

D. Cosa si potrebbe fare per evitare le infiltrazioni della criminalità nel mondo del calcio?

R. Per prima cosa si dovrebbe intervenire nuovamente sul controllo della distribuzione dei titoli e sui sistemi di verifica della titolarità dei biglietti e degli abbonamenti ai tornelli di accesso all’impianto.

D. Ma il problema non doveva essere risolto con l’introduzione dei biglietti numerati e nominativi?

R. Ma certo che sì, e non mi sarei aspettato di assistere ancora a polemiche sulla cessione dei biglietti, a distanza di 12 anni dalla introduzione dei biglietti nominativi previsti con il decreto 6 giugno 2005. Quel decreto fu pensato anche per evitare il condizionamento delle società sportive e impedire ad alcuni pseudo ultras, più interessati a fare business che a sostenere la loro squadra del cuore, di ottenere pacchetti di biglietti da distribuire ai gruppi organizzati o da rivendere a prezzo maggiorato alimentando così il business del bagarinaggio. Oggi ci rendiamo conto che quelle norme, scritte 12 anni fa, anche per proteggere le società, hanno bisogno di un tagliando per la parte relativa ai controlli.

D. I biglietti nominativi, nelle vostre intenzioni, avrebbero sbarrato la strada al bagarinaggio. Ma il mondo del calcio come la pensava?

R. Io nel mondo del calcio ho sempre trovato dei grandi alleati. Non finirò mai di ringraziare Francesco Ghirelli per il contributo fornito per l’emanazione della normativa antiviolenza in quegli anni. Noi ci siamo mossi nell’interesse esclusivo del mondo del calcio e per tutelare alcuni presidenti che ritenevamo condizionabili da alcuni soggetti interessati ad avere pacchetti di biglietti gratis. Tuttavia alla vigilia della emanazione del decreto introduttivo dei biglietti nominativi abbiamo dovuto lottare molto per superare le resistenze, anche di alcuni vertici di club. Abbiamo insistito molto convinti anche della possibilità di poter liberare taluni responsabili delle società da un sistema di questo tipo, che secondo noi avrebbe potuto determinare la formazione di un importante giro di facili profitti su cui avrebbero potuto creare un pericoloso e inquietante legame di affari fra esponenti ultrà e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.

D. Si sarebbe aspettato un fenomeno di una portata tale da suscitare inchieste con audizioni anche della Commissione Antimafia?

R. Assolutamente no.

D. Cosa pensa dello scontro tra il direttore generale della Federcalcio Michele Uva secondo il quale “la commissione Antimafia sta facendo un processo molto mediatico che non fa bene né al calcio, né all’Italia e che forse per il Paese ci sono problemi più urgenti che la questione dei biglietti dati dai club a una curva» e la pronta risposta della presidente della commissione antimafia Rosy Bindi secondo la quale invece ”Sono le mafie che fanno male all’Italia, anche quando si infiltrano nello sport e fa male la sottovalutazione del fenomeno”’?

R. Se è vero, come ha riportato la stampa, che c’è una inchiesta che intreccia tifo e malavita organizzata, emersa dopo che uno dei leader degli ultrà, che peraltro era diventato consulente per la sicurezza della biglietteria, si è suicidato, buttandosi da un viadotto dell’autostrada, all’indomani del suo interrogatorio come testimone nelle indagini che hanno portato all’arresto di 18 persone accusate di associazione mafiosa, ritengo opportuna l’attività della Commissione Antimafia anche nell’interesse del mondo del calcio.

D. Cosa pensa della vicenda della Juve.

R. Sicuramente si sono trovati in mezzo a una vicenda più grande di loro che non hanno saputo gestire al meglio. Comunque mi sembra che non siano emersi rilievi penali. Penso che sia un mondo problematico e che i club se hanno delle seccature devono dirlo per essere aiutati anche dalle istituzioni a non farsi mettere in mezzo a vicende più grandi di loro.

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