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ESCLUSIVA – Zeman: “Tifo Napoli ma vedo la Juve favorita… Higuain mi ricorda Batistuta”

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Dopo aver allenato quindici squadre tra Italia, Turchia e Serbia e aver fatto del suo 4-3-3 un dogma calcistico tra i più discussi degli ultimi trent’anni, Zdenek Zeman ha scelto la Svizzera, dove da giugno è alla guida del Lugano.

Gol e dichiarazioni “controcorrente” i comuni denominatori delle sue travagliate stagioni, nelle quali è stato più volte l’artefice del lancio di giovani talenti diventati, poi, grandi giocatori.

Con il campionato elvetico in pausa, SportPaper.it ha incontrato il “Boemo” per l’intervista esclusiva di seguito proposta.

– Mister, partiamo dalla sua esperienza in corso: come va questo primo anno a Lugano?

“Essendo nel Canton Ticino e, quindi, parlando tutti italiano, è difficile definire Lugano “città estera”. Mi trovo bene, la località è carina e si pone grande attenzione all’ordine e alla pulizia”.

– Com’è il livello della Super League svizzera?

“Discreto. Ci sono tre squadre importanti, Basilea, Young Boys e Grasshoppers, poi il Sion che sta facendo bene in Europa League. La Svizzera è avvantaggiata dal punto di vista delle strutture: gli Europei ospitati nel 2008 assieme all’Austria hanno spinto gli elvetici alla costruzione di stadi nuovi e impianti di grande livello, così è pieno di strutture molto belle”.

– Appena può, però, non perde mai occasione per tornare a Roma…

“Ho portato i ragazzi in ritiro qui perché allenarsi ad una temperatura sotto zero non è affatto facile. A Roma il clima è diverso, più adatto a svolgere gli allenamenti”.
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– Per lei che ne ha viste davvero tante, cos’è questa città?

“Beh, mi sono stabilito nella capitale nel ’94 e ho allenato Lazio e Roma, due delle squadre più importanti del calcio italiano. La considero la mia città. E poi da Roma è molto più comodo viaggiare rispetto al resto d’Italia”.

– Il modo di vivere il calcio da parte di laziali e romanisti danneggia le squadre? Troppa pressione su società, giocatori e allenatori?

“Per me è sempre meglio quando si vede che il calcio interessa alla gente, l’ho sempre considerato un fattore positivo. Anche per questo ho cercato di allenare il più possibile al sud, dove c’è più calore, più attenzione. Purtroppo, però, il tifo sta diventando violento e ciò genera tanti problemi”.

– Al momento entrambe le compagini non se la passano molto bene. Secondo lei Spalletti può guidare la risalita della Roma?

“Lo spero. Di solito quando si cambia allenatore si pensa di migliorare. Lui in passato ha fatto bene a Roma e spero che l’esperienza insegni…”.

– E la Lazio? I tifosi biancocelesti devono rassegnarsi all’idea di rimanere esclusi dalla lotta scudetto per ancora tanti anni?

“L’anno scorso sono andato a vedere spesso la Lazio nel girone di ritorno e devo dire che la qualità c’era. Sembrava davvero una squadra importante. Per lo scudetto è normale che ci voglia qualche investimento in più, fare un progetto. Ho l’impressione che si viva un po’ troppo alla giornata, ma magari sbaglio”.

– A proposito di città “calde”, è l’anno del Napoli?

“Mi auguro che lo sia, anche se la Juve è seriamente candidata al titolo vista la rimonta effettuata. I bianconeri sono riusciti a sostituire bene i grandi giocatori che sono andati via riprendendosi dopo un difficile avvio di stagione, e adesso rappresentano un pericolo per il Napoli. La squadra di Sarri mi piace: gioca un calcio offensivo che piace alla gente, che trascina”.

– Chi le ricorda Higuain?

“Non saprei, forse Batistuta, anche se Gabriel era più potente. Higuain è un centravanti importante che si crea le occasioni e le sfrutta, ma è anche assistito alla grande da giocatori che gliele preparano bene”.

– Facciamo un passo indietro. Mi dica i due giocatori più forti che lei abbia mai allenato. Gliene chiedo due perché sul primo credo di conoscere la risposta…

“Ne ho allenati troppi bravi, ma come sai Totti per me è il numero uno per le qualità che aveva. Per il resto mi vengono in mente Signori e Nesta. Penso che per lungo tempo Nesta sia stato il miglior difensore al mondo”.

– Il giocatore da cui si sarebbe aspettato molto di più.

“Non ce l’ho”.

– Il giocatore che più l’ha sorpresa in positivo.

“Ti dico gli ultimi due: Immobile e Verratti. Il centrocampista è uscito dalla Serie B ed è diventato il miglior giocatore del campionato francese; Ciro veniva da una storia non positiva, ma a Pescara e Torino ha fatto benissimo”.

– La partita che ricorda con maggior piacere.

“Roma 5-0 Milan del ’98”.

– La squadra più forte che abbia mai affrontato.

“Il Milan di Sacchi”.

– Il gol dei suoi che le ha dato più soddisfazione.

“Non mi ricordo. Tutte le mie squadre ne hanno fatti tanti, sarebbe difficile sceglierne uno”.

– Il giocatore che le sarebbe piaciuto allenare.

“Ce ne sono tanti bravi, poi bisognerebbe vedere se con me saprebbero fare quello che fanno con altri allenatori…”.

– Tornando all’attualità, c’è una squadra in Europa che lei definirebbe “Zemaniana”?

“No, non c’è”.

– Ha visto il Leicester di Ranieri? Per ora è lui la sorpresa più grande del calcio continentale. Pensa che resisterà in testa alla Premier League?

“Secondo me no perché gli inglesi hanno le loro abitudini, la loro storia e le loro squadre. Il Leicester è una bella sorpresa ma non penso che terrà fino alla fine”.

– Prima ha nominato Immobile e Verratti, ma secondo lei quel Lorenzo Insigne che ha avuto a Foggia e a Pescara può essere in grado di trascinare la Nazionale ai prossimi Europei?

“Sì. Già ai tempi del Foggia si vedeva che avrebbe potuto fare la differenza ad alti livelli. Lo considero veramente un giocatore importante”.

– È lui il talento più interessante del nostro Paese?

“È l’esterno più bravo che ci sia in italia”.

– Due sono i fatti che hanno attirato maggiore attenzione mediatica nelle ultime settimane. Cominciamo dal primo: la lite tra Sarri e Mancini al San Paolo. Lei da che parte sta?

“A fine partita ci possono sempre essere discussioni tra allenatori. Quello non è il mio modo di fare, ma capisco che la partita fosse importante per entrambi e ciò ha aumentato la tensione”.

– L’altro è l’apertura dell’inchiesta “Operazione Fuorigioco” riguardo la presunta evasione fiscale di alcuni personaggi del nostro pallone…

“La gente dà troppa importanza al calcio e di conseguenza le società pensano di poter fare tutto quello che vogliono. Ormai il mondo del calcio pensa di poter fare qualsiasi cosa, tanto “il calcio non può finire”, “il calcio non si può fermare”…

– Piccolo excursus. Conosco la sua passione per il tennis: un allenatore “offensivista” come lei preferisce Federer e il suo gioco d’attacco o l’eccellenza fisica di Djokovic?

“Per me sono due mostri, ma io sono cresciuto con un tennis molto più tecnico in cui lo spettacolo era maggiore. I tempi cambiano e non si potrebbe più giocare come una volta”.

– Dopo tutti questi anni e con tutte le squadre che ha allenato, cosa crede di aver lasciato al mondo del calcio?

“Spero e penso di aver lasciato qualcosa ai giocatori che ho avuto, qualcosa che li abbia aiutati a crescere e ad affermarsi. E poi spero di aver regalato qualche soddisfazione e qualche emozione ai tifosi e agli spettatori delle partite delle mie squadre”.

– E lei, il suo modo di vedere e di affrontare questo sport, da cosa è stato influenzato?

“Quando sono nato, mio zio giocava nella Juventus, squadra che poi ha anche allenato. A casa con mio nonno “facevamo calcio” tutto il giorno tra il giocare e il guardare le partite. Insomma, ho sempre vissuto con questo sport”.

– Molti le imputano il fatto di non aver mai curato adeguatamente la fase difensiva. Come risponde a questa critica?

“Rispondo che la curo e che le mie squadre non difendono meno delle altre, piuttosto difendono 40 metri più avanti prendendo qualche rischio. Poi il mio concetto è sempre quello di fare un gol più degli avversari, non subirne uno in meno”.

– Ha ancora obiettivi precisi da raggiungere?

“Non ho mai avuto obiettivi precisi. Faccio un lavoro che mi piace, che mi dà soddisfazione. Ovviamente uno cerca di fare il meglio possibile, ma bisogna vedere con cosa coincida questo “meglio possibile”. Può essere uno scudetto, può essere una salvezza. Per me raggiungere la salvezza con certe squadre equivale a vincere tre scudetti”.

– Rimpianti?

“Nessuno, pur sapendo che avrei potuto fare tante cose in più”.

– Cosa vuole fare una volta smesso di allenare?

“Non voglio smettere di fare l’allenatore”.

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