Fenomeno Moscardelli

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Fenomenologia del Mosca

Fenomeno del web ma fenomeno anche in campo

Ci sono giocatori che rimangono nella storia per i loro gol, le loro giocate ed i loro trionfi. Ce ne sono poi altri che rimangono nella storia anche per aver regalato ai propri tifosi qualche gesto…bizzarro, in particolare riferito alle loro acconciature. Ed essendo i calciatori una qualcosa di nazional-popolare, molti giovani cercano di assomigliare ai loro beniamini se non proprio dal punto di vista tecnico, almeno provandoci, da quello estetico.

Davide Moscardelli è un calciatore che sta legando, da quattro anni a questa parte, la sua carriera al fatto di avere una barba lunga. Ma molto, molto lunga. Peccato che Moscardelli, classe 1980 e tantissima voglia di giocare e fare gol, non è soltanto una faccia con una barba lunga e selvaggia, ma è anche un giocatore che ha raggiunto la Serie A partendo dalla gavetta, diventando uno dei pochi calciatori italiani a segnare almeno un gol in tutte le serie calcistiche in cui ha giocato, dalla Promozione romana alla massima serie. E oggi che milita nell’Arezzo in Lega Pro non gli è ancora terminata quella voglia di segnare e di far vincere la squadra per cui gioca. E se gli amaranto oggi si stanno giocando tutte le carte a disposizione per raggiungere i play off promozione in Serie B (serie da dove mancano da dieci stagioni), il merito va sì alla rosa di mister Stefano Sottili, ma per buona parte al “Mosca”, numero 9 e capitano della squadra, che sta disputando una delle sue migliori stagioni in carriera.

Davide nato in Belgio, prodotto in Italia

Per quei pochi che non conoscono l’attaccante nato in Belgio ma romano de Roma, Moscardelli è un attaccante ambidestro “fisicato” che può fare la prima come la seconda punta ed i suoi numeri sono da buon uomo d’area (poco più di cinquecento presenze da pro, 151 reti). Un fatto ha sempre contraddistinto il “Mosca”: l’essere entrato nel cuore di ogni tifoso, anche di quello che tifa una squadra diversa rispetto a dove lui gioca.

E quando molti altri suoi colleghi alla sua età fanno altro, ecco apparire nel firmamento del calcio italiano questo ragazzone che nel suo piccolo è diventato un fenomeno non solo sui campi da calcio, ma anche sui social network.

Moscardelli da tre stagioni ha detto addio alla Serie A per giocare in Lega Pro, militando prima due anni a Lecce e ora ad Arezzo, ai margini però del calcio che conta. E sia con i salentini che con i toscani, ad oggi, il “Mosca” ha segnato oltre quaranta reti in un campionato.

Dopo aver giocato tra Promozione romana ed Eccellenza laziale, solo dopo l’esperienza a San Giovanni Valdarno il “Mosca” è passato subito in Serie B, serie in cui ha giocato per sette anni consecutivi tra Triestina, Rimini, Cesena e Piacenza. A 30 anni poi si materializzò il suo sogno: vestire la maglia di una squadra di Serie A. E fu il ChievoVerona a tesserarlo, voluto dal suo ex tecnico dei tempi del Piacenza Stefano Pioli. E Moscardelli, maglia numero 80 sulla schiena, partì con due gol nelle prime due partite: era la solita storia del ragazzo che ha sempre girato intorno al grande calcio, ma che non è mai sbocciato e che ha dovuto giocare lontano dall’”impero” per farsi notare .

Con i clivensi rimase due stagioni e mezzo, giocando molto ma segnando poco, complice anche il fatto dell’età, una serie di stop fisici e alla concorrenza in attacco (Pellissier, Théréau e Paloschi).

Sotto l’Arena segnò undici reti complessive per poi approdare, nel gennaio 2013, al Bologna. Dal numero 80 gialloblu, Moscardelli si prese per sei mesi la 9 e poi la numero 10, maglia in passato appartenuta ai vari Baggio, Signori e Gilardino. Insomma, un numero pesante da quelle parti. Per i primi sei mesi giocò nove partite con una rete in campionato, con la chicca di aver fatto anche il portiere gli ultimi secondi di partita contro l’Atalanta.

Bologna crocevia della carriera…e del suo look

Il mito della barba per Moscardelli nacque proprio a Bologna per caso, “per pigrizia”, come una volta ha raccontato. E per noi uomini a volte fare la barba è davvero un “disturbo”, una cosa che spesso procrastiniamo: nel gennaio 2013 Moscardelli promise che se fosse andato a giocare a Bologna se la sarebbe tagliata. Il giocatore andò sotto le Torri e rispettò il patto. I tifosi si mobilitarono affinché non lo facesse più: da allora sono passati quattro anni e la barba è sempre là, al suo posto. Più iconica che mai, curata con prodotti di aziende che fanno a gara per averlo come testimonial, con molti tifosi che, nel frattempo, hanno iniziato a farsi crescere la barba.

Visto che la Serie A non lo aveva visto protagonista, umilmente scese di due categorie accettando, nell’estate 2014, la proposta del Lecce che gli affidò le chiavi dell’attacco. Con Moscardelli in squadra, il Lecce arrivò sesto il primo anno e si fermò alla semifinale play off persa contro i rivali del Foggia la scorsa stagione. Nel complesso, Moscardelli segnò ventotto reti totali, non male per uno che si pensava fosse solo un fenomeno da baraccone. La sua permanenza nel Salento mise in risalto il suo essere guascone e saggio al tempo stesso: video virali, uomo social e testimonial di una campagna anti-omofobia.

La scorsa estate passò, ancora una volta da svincolato, da Lecce ad Arezzo, diventando il giocatore- simbolo: sarà forse un caso, ma della rosa aretina, su ventisette giocatori, altri diciassette hanno la barba. E con la squadra di Sottili, Moscardelli sta segnando gol fantastici, come quelli contro Prato (rovesciata), Carrarese (tiro al volo “alla van Basten”), Livorno (pallonetto da trenta metri) e Pistoiese (tiro al volo di sinistro a ridosso dell’area). Quattro gol da cineteca per uno dei giocatori italiani più sottovalutati della storia recente del nostro calcio, ma che ha sempre dimostrato di saperci fare con i piedi. Eh sì, signori: gol come quelli non si segnano per caso, ma sono cercati e soprattutto sono nel DNA di chi li ha segnati. E Davide Moscardelli l’arte di fare gol ce l’ha nel sangue, da sempre.

Arezzo promosso, addio barba?

Le persone con la barba hanno sempre suscitato timore e riverenza, mentre con lui la barba è diventato un simbolo di “figaggine”, semplicità, pazzia positiva unite a tanto amore e tanta passione per il gioco del calcio. Moscardelli è riuscito ad affermarsi ugualmente anche se non è diventato come il suo idolo Batistuta, ma tra tanti anni, tanti appassionati, nel sentire il nome “Davide Moscardelli”, ricorderanno senza dubbio le sue performance accarezzandosi il mento.