Football Legend David Beckham

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E’ stato un’icona di stile e di glamour. Le sue acconciature sono state copiate ed imitate da tutti i ragazzini nel Mondo e le case di moda avrebbero fatto carte false per averlo come testimonial (quelle che ce l’hanno fatta, hanno sborsarono davvero tanti soldi per averlo come loro modello), lo hanno cercato i registi cinematografici ed è stato idolo di tante ragazzine. Ma è stato anche un calciatore molto forte, preciso nelle punizioni e nei cross. Da tre anni è più un calciatore professionista, ma a Manchester “sponda” United è ancora oggi una stella indiscussa. Ladies and gentlemen, David Beckham.

Beckham nacque il 2 maggio 1975 a Leytonstone sobborgo nord-orientale londinese. Fin da piccolo era un appassionato di calcio ed in particolare del Manchester United. A 16 anni, dopo non aver passato molti provini con alcune squadre dell’allora First Division, entrò nel settore giovanile dei Red devils, coronando il sogno di giocare nella squadra del suo cuore.

Debuttò in prima squadra in League Cup il 23 settembre 1992 e due anni dopo (dicembre 1994) debuttò anche nelle coppe europee: fase a gironi di Champions League, contro il Galatasaray.

Nella primavera 1995 fu prestato al Preston North End, C1 inglese, per farsi le ossa: nel club del Lancashire rimase fino al termine della stagione per tornare definitivamente a Manchester, dove rimase fino all’estate 2003.

In quegli anni l’allora manager dei Red devils, Alex Ferguson, stravedeva per quel ventenne di bellissime speranze tanto da fargli indossare, nella stagione 1997/1998, addirittura la “sacra” maglia numero 7 di Eric Cantona poco dopo che il francese si ritirò. In passato quella maglia è stata sulle spalle di George Best e Bryan Robson, due grandissimi giocatori del passato del Manchester United.

Il nome di Beckham iniziò a girare nel mondo mainstream calcistico, conquistando anche la Nazionale. Inoltre la relazione con la cantante delle Spice girls, Victoria Adams, di un anno più vecchia di lui, lo portò a riempire le pagine dei tabloid inglesi.

Ed è proprio il 1999, l’anno del suo matrimonio con la cantante, fu il suo anno migliore: in 365 giorni, il ManUtd e Beckham vinsero Premier League, FA Cup, Champions League (rimonta negli ultimi minuti regolamentari contro il Bayern Monaco), Coppa Intercontinentale (contro il Palmeiras) ed il secondo posto nel Pallone d’oro e nel FIFA World Player, entrambi dietro a Rivaldo. Unica nota stonata, la sconfitta nella Supercoppa europea contro la Lazio.

Eppure qualcosa con Ferguson iniziava a non andare più come prima: Beckham era oramai un calciatore affermato, ma tutti i flash erano su di lui più per la vita mondana che per quella “calcistica” e questo al manager scozzese non andava bene. Anche perché in campo il giocatore non sembrava più quello di prima.

Dopo tre anni di amore-odio, ecco la scintilla che fece traboccare il vaso: la sconfitta di FA Cup contro l’Arsenal, il 13 febbraio 2003, e la pessima prova del suo “figlioccio”, fecero andare su tutte le furie Ferguson, tanto da colpire il giocatore negli spogliatoi lanciandogli addosso uno scarpino. Nessuno smentì e nessuno confermò il litigio, fatto sta che il 17 giugno 2003 David Beckham passò al Real Madrid per 35 milioni di euro dopo dodici anni di Red devils, con i quali vinse sei Premier, due Coppe d’Inghilterra, due Charity Shield, una Champions League, una Coppa Intercontinentale in 394 partite e 85 reti.

Il contratto con gli spagnoli era faraonico: quattro anni di contratto a 6 milioni di euro a stagione. A differenza degli anni a Manchester, lo “Spice boys” non poté indossare la “sua” 7, ripiegando sul numero di Michael Jordan, il 23. Nonostante il valore marketing di Beckham, nessuno si permise di togliere la 7 a Raul.

Erano gli anni del mito dei Galacticos, la super idea di squadra dell’allora presidente Florentino Perez composta dai migliori giocatori dell’epoca per vincere in Spagna, in Europa e nel Mondo. Beckham fu l’ultimo arrivo in una squadra che, tra le estati 2000 e 2005,l vide approdare in Castiglia giocatori del calibro di Luis Figo, Zinedine Zidane, Ronaldo, Michael Owen e Robinho.

Grazie al suo arrivo in Spagna venne creata una legge particolare (ley Beckham) che prevedeva una tassazione molto bassa per tutti coloro che avrebbero potuto guadagnare oltre una certa cifra (intorno ai 600 mila euro) in Spagna. Potere non solo del marketing, ma anche della pecunia.

Beckham rimase a Madrid quattro stagioni, giocando 159 partite, segnando 20 reti e vincendo una Liga ed una Supercoppa di Spagna. Nonostante gli scarsi successi, Beckham fu uno dei più positivi e divenne un idolo per tutta la tifoseria.

Con l’arrivo di Capello a Madrid, nell’estate 2006, Beckham andò molte volte in panchine e nel luglio 2007 cambiò ancora maglia: si aprirono le porte degli States, della MLS, firmando un contratto quinquennale da oltre cinque milioni di dollari con i Los Angeles Galaxy. Il centrocampista inglese divenne il giocatore più pagato nella storia del campionato statunitense.

Il Real Madrid tentò di far desistere il giocatore nel cambiare squadra, ma lui l’11 luglio 2007 fu presentato come nuovo giocatore dei L.A. Galaxy. Il terzo giocatore inglese a vestire la maglia merengues lasciò Madrid dopo 159 presenze e 20 reti, oltre a tantissimi assist.

Molti pensavano che la carriera di Beckham fosse arrivata al capolinea perché il campionato americano non era all’altezza di quello europeo, intuendo che oramai Beckham giocasse solo per soldi o per spot. Invece il centrocampista inglese, nella sua prima conferenza americana, disse che era andato negli USA non per svernare, ma per giocare a calcio, cercando di far tornare di moda ilsoccer da quelle parti.

La notizia dell’arrivo di Beckham fece impennare la vendita del merchandising dei Galaxy, soprattutto la maglia numero 23, quella che indossò l’inglese, ebbe un picco di vendite tra i tifosi.

Il campionato americano aveva (e ha tuttora) una differenza rispetto ai campionati europei: la lunghissima sosta invernale, tanto che il torneo rimane fermo molti mesi. E Beckham voleva giocare ed allenarsi ad alti livelli, per non perdere la forma e le convocazioni in Nazionale. Per due volte lo “Spice boy” giocò qualche mese nel Milan: con i rossoneri, Beckham giocò due mezze stagioni disputando trentatre partite segnando due reti. Un brutto infortunio nella primavera 2010 gli impedì di essere convocato da Fabio Capello per il Mondiale sudafricano.

Oltre al Milan, Beckham si “allenò” anche con Tottenham e Arsenal e chiuse la sua avventura in MLS nel dicembre 2012 con 125 presenze, 20 reti e vincendo due campionati ed due MLS Supporter’s Shield.

Ma il ragazzo di Londra non ne voleva sapere di dire addio al calcio e nel gennaio 2013 firmò un contratto gratuito con il Paris Saint- Germain: sei mesi con stipendio devoluto totalmente in beneficenza. In cinque mesi, “Becks” giocò quattordici partite contribuendo alla vittoria del titolo francese dei parigini. Il 18 maggio 2013, a 38 anni, giocò la sua ultima partita da professionista.

A livello di Nazionale, David Beckham debuttò con la maglia dei “Tre leoni” il 1° settembre 1996 in amichevole contro la Moldavia: da allora disputò in tutto 115 partite segnando diciassette reti. Per undici presenze non superò il record di Peter Shilton. Con i bianchi inglesi partecipò a tre Mondiali e a tre Europei.

Beckham fu capitano della Nazionale inglese dal 15 novembre 2000 (nonostante alcuni precedenti dissidi con la tifoseria) fino al 1 luglio 2006, dopo l’eliminazione nei quarti di finale dal Portogallo nel Mondiale tedesco.

Il suo punto più alto in Nazionale è stato quando qualificò l’Inghilterra ai Mondiali nippo-coreani con un gran gol su punizione contro la Grecia il 6 ottobre 2001, mentre quello più basso fu l’espulsione rimediata contro l’Argentina negli ottavi di finale di Francia ’98 quando fu espulso per aver commesso un brutto fallo su Diego Simeone e la Nazionale inglese venne eliminata ai rigori.

Se questo è stato il curriculum calcistico di David Beckham, sicuramente quello fuori dal campo ha destato più interesse: dalla relazione al matrimonio con la cantante Victoria Adams a Dublino il 4 luglio 1999 ai tradimenti nei confronti della stessa, dalla lussuosissima villa londinese che divenne “Beck-ingham Palace” all’essere diventato un uomo copertina, fino al diventare il giocatore più pagato della storia, non tanto dalle squadre di club, ma dagli sponsor. David Beckham vero re Mida del calcio internazionale del 21° secolo.

Si disse che la moglie è stata molto invasiva nella carriera del marito e se non l’avesse sposata, magari “Becks” non solo non sarebbe stato lo “Spice boy” per antonomasia, ma magari non sarebbe stato un modello prestato al calcio.

David Beckham è stato una vera icona: bello, atletico, tatuato. Sono noti i suoi continui cambi di stile: dalle meche alle treccine, dal capello ingellato con la riga in mezzo alla testa rasata, dalla cresta allo chignon. Un suo avversario dopo aver scambiato la maglia con lui disse che, nonostante fosse stato in campo per oltre 90′, la stessa profumava ancora e si diceva che giocasse con gli slip della moglie.

E non a caso grazie a Beckham e al suo style, gli esperti di moda coniarono un neologismo ad hoc: metrosexual, un uomo machocon molto cura di sé, del fitness, delle abbronzature e degli addominali scolpiti. Nonché vestito con abiti di tendenza.

Beckham non passerà alla storia come uno dei migliori calciatori del mondo, ma nel suo piccolo è stato un mito: dalla maglia numero 7 del Manchester all’aver portato l’Inghilterra al Mondiale 2002, alla beneficenza verso i bambini e le persone più sfortunate all’essere ancora ammirato ancora oggi come modello mancato e come uno degli uomini più affascinanti del Mondo.

Beckham, metrosexuality a parte, è stato un giocatore molto importante nella storia del calcio europeo: cecchino su punizione, crossatore di professione, assist man perfetto.

La storia del calcio è piena di giocatori importanti, ma di David Beckham ce n’è stato uno solo. God save the Spice boys, in saecula saeculorum.