Football Legend Hidetoshi Nakata

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Nakata, la leggenda

Per “spokon” si intende un manga giapponese incentrato sullo sport. Nato nella seconda metà degli anni Sessanta, questo genere ebbe sin da subito un buon successo. Il primo fu incentrato sul baseball (sport da sempre molto seguito in Giappone), mentre il primo a sfondo calcistico arrivò nel 1970 e fu “Arrivano di Superboys”, creato dopo l’inaspettata medaglia di bronzo vinta dalla Nazionale olimpica nipponica ai Giochi di Città del Messico del 1968. In Giappone il calcio allora non era per nulla considerato, ma la svolta si ebbe nel 1981 con l’uscita, a cadenza settimanale su “Weekly Shonen Jumo”, del manga “Captain Tsubasa”, creato dalla matita dell’allora 21enne Yoichi Takahashi. Fu un successo clamoroso ed in Italia divenne iconico come anime con il nome di “Holly & Benji”, forse il cartone animato giapponese non incentrato su mecha più famoso di tutti insieme a “L’uomo tigre” e “Mila e Shiro”.

Anche il protagonista dell’odierno spazio “Football Legend” ha letto il manga e visto il cartone animato incentrato sul ragazzino con il numero 10 e grazie a questo ha deciso di diventare un calciatore professionista. Oggi vi parliamo di Hidetoshi Nakata, il calciatore giapponese più forte e famoso della storia del calcio.

Classe 1977, Nakata è stato un centrocampista con propensione all’attacco che ha reso grande il calcio giapponese a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila.

Fa strano parlare di calcio in Giappone, abituati noi occidentali a pensare al Paese del Sol Levante come terra di tutto, ma non di calcio: baseball, pallavolo, sumo e arti marziali su tutti. I fatti però erano tutti dalla parte degli scettici: il primo Mondiale cui ha preso parte la Nazionale nipponica è stato solo quello del 1998, alla sua sedicesima edizione. Quattro anni dopo però il Giappone ospitò, in coabitazione con la Corea del Sud, il primo Mondiale disputato in Asia.

Eppure Hidetoshi Nakata ha avuto il merito di far conoscere il calcio giapponese (quello vero, non in formato manga o anime) in Europa e quindi anche in Italia.

Il centrocampista di Yamanashi però è stato il secondo calciatore giapponese a sbarcare in Serie A: il primo è stato Kazuyoshi Miura che nell’estate 1994 passò al Genoa. Non fu una stagione esaltante la sua con 23 presenze e la rete seganta nel derby contro la Samp e solo per questo è ancora oggi ricordato dai tifosi del Grifone, anche se il Genoa perse quella partita.

Il Giappone, a Francia ’98, chiuse il girone a 0 punti e venne subito eliminato dalla kermesse transalpina, ma Hidetoshi Nakata, maglia numero 8 sulla schiena, si fece notare come tra i più positivi. E poche settimane la fine del Mondiale, il giocatore più forte della rosa del Ct Okada fu contattato da una squadra che allora aveva fatto dell’acquisto di giocatori esotici il suo marchio di fabbrica: il Perugia di Luciano Gaucci. Hidetoshi Nakata passò dal Bellmare Hiratsuka alla squadra di mister Castagner per circa 7 miliardi di lire.

In Giappone, Nakata è sempre innamorato del calcio tanto da preferirlo agli studi universitari e ad un posto di lavoro sicuro. La cosa lasciava di stucco perché solo nel 1992 nacque il primo campionato professionistico nipponico, la J-League, che nelle prime edizioni vide le sue squadre tesserare giocare europei o brasiliani ormai ad un passo dal ritiro che però ebbero, giocando nel Paese del Sol Levante, un sussulto di carriera: da Dunga a Leonardo, da Ramon Diaz a César Sampaio a Dragan Stojković fino al al capocannoniere di Italia ’90, Salvatore Schillaci, primo italiano a giocare in J-League.

Nakata militò tra il 1994 ed il 1998 nel Bellmare Hiratsuka, una squadra di medio cabotaggio ed in quel periodo fu convocato prima per le Olimpiadi di Atlanta e poi divenne un punto stabile della Nazionale .

Nakata condusse il Giappone ai Mondiali del 1998 sconfiggendo da solo nei play off l’Iran (che si qualificò solo nello spareggio intercontinentale con l’Australia) e fu uno dei migliori nelle tre partite giocate dalla sua Nazionale in terra transalpina.

L’approdo di Nakata in Serie A fu visto come una mossa marketing da maestri del settore, ma anche un po’ come fumo negli occhi visto il precedente di Miura.

Ma Nakata non era Miura, era un’altra cosa, era un altro sport. Ed infatti nella prima giornata del torneo 1999/1999, Hidetoshi Nakata, maglia numero 7 sulla schiena, si presentò ai tifosi italiani con una doppietta niente meno che alla Juventus. I bianconeri vinsero 3-4, ma il giorno dopo tutti i giornali parlarono del giapponese in biancorosso. Del resto, una doppietta al debutto in Serie A, per di più contro la Juventus, non era una cosa da tutti. Ed infatti la prima stagione di Nakata a Perugia fu molto importante per lui, segnando complessivamente quattordici reti tra campionato, Coppa Italia ed Intertoto.

L’arrivo di Nakata è coinciso con l’arrivo nel nostro Paese di tantissimi tifosi giapponesi che fecero carte false per immortalare il loro calciatore simbolo. Il Perugia colse l’occasione facendo in modo che il nome “Perugia” arrivasse fino in Estremo oriente, vendendo migliaia di magliette della squadra con stampato il cognome ed il numero del giocatore. Il Giappone si interessò alla nostra Serie A come mai si era interessato prima.

Nakata a Perugia rimase fino al gennaio 2000: Gaucci aveva sempre rifiutato le offerte che erano arrivate per il suo fenomeno, ma alla fine lo cedette alla Roma per 30 miliardi ed il cartellino del Dmitrij Alenichev che dal Colosseo si spostò nella città della Fontana Maggiore.

Nakata, ovviamente, divenne il primo giapponese a giocare nella Roma ed il suo seguito di fan giapponesi scatenati arrivò anche a Trigoria.

Il giocatore, maglia numero 8, rimase in giallorosso diciotto mesi non giocando tantissimo ma fornendo sempre prestazioni molto importanti. Segnò un cospicuo numero di gol, tra cui quello importante segnato contro la Juventus il 6 maggio 2001 al “delle Alpi” che spinse la Roma alla vittoria dello scudetto. I bianconeri si erano portati in pochi minuti sullo 2-0 ma la squadra di Capello, negli ultimi dieci minuti, pareggiò: proprio Nakata accorciò le distanze con un gran gol dalla distanza e nel recupero Montella fece il 2-2 finale. “Aeroplanino” che spinse la palla in rete dopo che Van der Sar non trattenne il forte tiro da posizione defilata dello stesso Nakata.

E pensare che il giapponese non sarebbe neanche dovuto entrare in campo quella domenica, ma solo un cambiamento al regolamento sul fatto di schierare un numero illimitato di giocatori stranieri extracomunitari avvenuto in settimana gli permise di giocare (e di decidere la corsa scudetto).

Nakata nella Roma dovette giocarsi il posto con Francesco Totti ed il giapponese era più il tempo in panchina che in campo e nell’estate 2001 il centrocampista nipponico si diresse al Parma. I ducali staccarono un assegno da 60 miliardi: in tre stagioni, il valore di Hidetoshi Nakata si era quasi decuplicato ed il Parma dovette superare le offerte di altri top team europei per accaparrarsi il talento di Yamanashi. Per lui quella stagione doveva essere la più importante della sua carriera, perché il 31 maggio successivo il Giappone avrebbe ospitato il Mondiale e lui ed i suoi compagni di Nazionale volevano arrivare all’appuntamento iridato in grande condizione.

A Parma Nakata ebbe la maglia numero 10, rimase due stagioni e mezzo con quattro allenatori, ritagliandosi molto spazio e fu decisivo per la vittoria della Coppa Italia nella prima stagione, anche se in campionato arrivarono un decimo ed un quinto posto. Rimase con i ducali fino al gennaio 2004, per poi spostarsi di 100 km firmando con il Bologna: 17 presenze e due reti con i rossoblu di Mazzone.

Sei mesi dopo passò alla Fiorentina, neo promossa in Serie A dopo il fallimento di due stagioni prima. La stagione 2004/2005 fu l’ultima di Nakata in Italia: non fu una grande stagione e stette più in panchina che in campo.

L’anno dopo passò agli inglesi del Bolton, una squadra di metà classifica della Premier League.

Anche qui Nakata sperava di arrivare bello tonico e pronto per il Mondiale tedesco, ma il suo approccio con la Premier non fu esaltante. Così, dopo il Mondiale tedesco giocato da capitano ma con la squadra subito eliminata nella fase a gironi, Nakata prese una decisione che lasciò tutti di stucco: il ritiro dall’attività agonistica.

La carriera del calciatore giapponese più iconico, più stiloso e più forte di sempre si chiudeva a 29 anni. Diede la “colpa” al fatto di non sentirsi più in grado di giocare a grandi livelli e decise di cambiare vita.

Oggi Nakata è ambasciatore del Giappone nel Mondo, difende gli artigiani locali, disegna gioielli, produce saké (il vino giapponese ottenuto fermentando riso, bacche koji e acqua) e fa volontariato girando il Mondo.

Si può dire che Nakata sia stato un precursore: dopo di lui, molti altri calciatori giapponesi sono saliti alla ribalta internazionale e hanno contribuito a rendere temibile la stessa Nazionale nipponica nel Mondo e firmando contratti importanti con tante squadre europee. Tutti questi cresciuti e diventati consapevoli del fatto che anche in Giappone il calcio era uno sport come un altro grazie anche al ragazzo cresciuto a “pane e Captain Tsubasa”, rimandando al mittente le critiche ad un movimento che è in espansione: sarà scarso il campionato, non i giocatori.

Se in “Captain Tsubasa”, il Giappone riuscì a vincere un Mondiale senza allora mai prendervi parte, con Hidetoshi Nakata il calcio nipponico è uscito dall’anonimato.

Vedete come è strano il Mondo: “Kazu” Miura, a parte la stagione deludente al Genoa, è un monumento calcistico in Giappone e a 53 anni gioca ancora a calcio tra i professionisti, mentre Hidetoshi Nakata a 29 anni, nel pieno della forma e della condizione, decise di smettere. Chissà cosa avrebbe regalato ancora al calcio questo ragazzo con la zazzera colorata ed un piede destro prodigioso.

Chissà se Hidetoshi Nakata ha mai incontrato Yoichi Takahashi e lo ha ringraziato per avergli cambiato la vita sfogliando le pagine di quel manga incentrato sulle vicende di Tsubasa Ozora, Genzo Wakabayashi, Kojiro Hyuga e le vicende della Nankatsu, della Shutetsu e della Meiwa.