Football Legend, Ruud Gullit

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La Football Legend di oggi: Ruud Gullit

Il suo arrivo in Italia fu devastante: alto, forte fisicamente, una carriera in ascesa, due baffi neri e i dreadlock sulle spalle. L’approdo, nell’estate 1987, di Ruud Gullit al Milan fu mediaticamente paragonabile a quello di Diego Armando Maradona tre anni prima a Napoli: arrivava nella nostra Serie A, allora il campionato più bello del mondo, uno dei centrocampisti più forti del Continente.

Il Milan di Silvio Berlusconi, da un anno presidente della squadra rossonera, lo ingaggiò per poco più di 13 miliardi dagli olandesi del PSV Eindhoven. Dopo dieci stagioni nel calcio olandese, e dopo vinto tre titoli ed una coppa nazionale, Gullit sbarcò in Italia insieme al connazionale Marco van Basten (due miliardi all’Ajax). Il Cavaliere voleva dare alla sua squadra i giocatori più forti per fare tornare il Milan su tetto d’Italia, d’Europa e del Mondo: grazie all’arrivo dell’altro olandese Frank Rijkaard l’anno dopo, e con in panchina un maestro di calcio come Arrigo Sacchi ed in campo il meglio del calcio nazionale di allora, in appena tre stagioni, i rossoneri vinsero campionato, Coppa dei Campioni e Coppa intercontinentale.L’approccio del centrocampista amsterdamiano fu sin da subito determinante e nel dicembre 1987 venne insignito del Pallone d’oro, primo olandese a vincere il premio di France Football dai tempi di Johan Cruijff.

La storia di Ruud Gullit

Ma andiamo indietro nel tempo, precisamente al 1962: quell’anno nacque Ruud Dil, figlio dell’immigrazione avendo origini del Suriname, colonia olandese tra il ‘600 ed il 1975 e da dove provenivano tutti i giocatori colored degli orange. Gullit si appassionò fin da piccolo al gioco del calcio, militando in alcune squadre di Amsterdam, (tra cui il Dws) per poi debuttare a 16 anni nell’Haarlem, squadra di una cittadina a ovest della capitale, diventando (allora) il più giovane debuttante nella massima serie dei Paesi Bassi. In tre stagioni con la squadra di mister Barry Hughes, Gullit conobbe la Eredivisie e fece molto bene, anche la stagione in cui la squadra militò in seconda divisione.

Nel 1981, a 19 anni, Gullit vinse il titolo di miglior giovane olandese e debuttò in Nazionale maggiore. Si mosse l’Ajax, proprio colei che pochi anni prima bocciò un acerbo Ruud, ma il giocatore rifiutò l’offerta per rimanere in provincia. E la stagione successiva, grazie anche al ragazzo di origini surinamensi, l’Haarlem si qualificò per la prima volta in Coppa UEFA con un clamoroso quarto posto in classifica. Gullit era il libero e mise a segno quattordici reti, come l’anno precedente.

Nell’estate 1983 fece il salto di qualità, accasandosi al Feyenoord di Rotterdam, una delle tre grandi d’Olanda: in quella rosa Ruud trovò il mitico Johan Cruijff agli sgoccioli della sua carriera. Con l’Haalem chiuse dopo 101 presenze e trentasei reti.

Con il club di Rotterdam vinse un titolo nazionale ed una Coppa d’Olanda, debuttando anche nelle coppe europee (Coppa UEFA e Coppa delle Coppe). Con i biancorossi militò complessivamente tre stagioni, giocando 109 partite e segnando quarantacinque reti: i gol aumentarono in quanto mister Fafié lo spostò prima a centrocampo dandogli poi la licenza di avanzare in avanti. Nel 1984 vinse il premio di miglior giocatore olandese dell’anno, imponendosi come uno dei giocatori più interessanti del calcio olandese che stava affrontando un cambio generazionale dopo la fine dell’epoca d’oro del calcio-totale.

L’arrivo al PSV

Nel 1985 passò al PSV di Eindhoven, squadra sponsorizzata dalla Philips. Nella città del Bramante settentrionale rimase solo due stagioni, ma i gol aumentarono a settantacinque tra campionato e coppe. In due stagioni Gullit vinse altri due titoli nazionali ed i capelli crespi iniziano ad incuriosire e allo stesso pari incuriosì le principali squadre europee.

Il PSV Eindhoven allora era una delle squadre più forti del Continente e nell’estate 1986 venne invitato a Barcellona per giocare il “Trofeo Gamper”, il (fu) quadrangolare organizzato dal Barça in ricordo del suo fondatore, Hans Gamper. Per il ventennale vennero invitati Milan, Tottenham e proprio il PSV. Il trofeo fu vinto dal Barcellona sugli olandesi: Gullit fece molto bene e di lui si innamorò il presidente del Milan, Silvio Berlusconi, che lo volle assolutamente nella sua squadra.

Berlusconi porta Ruud Gullit al Milan

I suoi nuovi tifosi iniziarono ad innamorarsi di questo giocatore alto, con i baffi e le treccine fino sulle spalle. Alcuni storsero in naso, altri iniziarono ad accaparrarsi i primi cappellini con la visiera e con dietro le finte treccine che ricordavano la sua capigliatura.
Gullit, maglia numero 10 sulle spalle, debuttò in rossonero il 23 agosto 1987 in Coppa Italia contro il Bari, mentre in campionato ciò avvenne il 13 settembre 1987 in casa del Pisa, con vittoria milanista per 1-3 e gol del giocatore.
Gullit il primo anno giocò nel tridente con van Basten e Virdis, attacco che divenne tandem con il baffuto sardo dopo il brutto infortunio di van Basten. E lui ripagò tutti con tredici reti totali che portarono il club meneghino a vincere il titolo a distanza di nove anni dal precedente, l’ultimo con in squadra Rivera. E proprio Gullit è stato artefice di una gaffe il momento della presentazione alla stampa quando, guardando un’immagine dell’allora “golden boy” del calcio italiano, non sapeva chi fosse Rivera, tra l’imbarazzo di tutti.
Gullit era il faro del centrocampo di quel Milan, iniziarono ad arrivare i primi gol e i rossoneri iniziarono una lunga sfida contro il Napoli campione d’Italia uscente per il titolo nazionale. A dicembre Gullit vinse il Pallone d’oro, succedendo a Bjelanov: il premio di France Football gli venne assegnato superando Paulo Futre ed Emilio Butragueño.
Il Milan tornò in Coppa dei Campioni, ma l”estate 1988 fu l’apice della carriera sia di Gullit che di tutto il movimento calcistico orange: il 25 giugno l’Olanda vinse il suo primo (e finora unico) campionato europeo di calcio, sconfiggendo in finale per 2-0 l’Unione sovietica. Andarono in rete i due milanisti della squadra di Michels e Gullit alzò la coppa al cielo con la fascia da capitano.
La campagna estiva 1988 vide l’arrivo di un altro forte giocatore olandese, Frank Rijkaard, ed il Milan arrivò fino alla finale di Coppa dei Campioni di Barcellona dove sfidò i rumeni della Steaua Bucarest, una delle squadre allora più temibili del Continente. Il percorso dei rossoneri fu devastante, sopratutto in semifinale dove eliminarono il Real Madrid con una netta vittoria casalinga per 5 a 0. La finale del Nou Camp fu storica: visto che dalla Romania non ci furono praticamente tifosi della Steaua, lo stadio del Barcellona fu tutto composto da tifosi milanisti, come se fosse un “san Siro 2”. Il risultato fu schiacciante: 4-0 per il Milan, con le doppiette di Gullit e van Basten.

La stagione successiva il Milan bissò il successo in Coppa dei Campioni, sconfiggendo a Vienna il Benfica. Gullit non giocò causa infortunio e questa volta fu Rijkaard a segnare il gol vittoria.
Nel dicembre 1988 il Pallone d’oro fu tutto rossonero, anzi olandese: primo van Basten, secondo Gullit e terzo Rijkaard. Mai prima d’ora una squadra aveva portato tre giocatori sul podio. E stessa cosa accadde nell’edizione successiva: van Basten, Baresi e Rijkaard.
Gullit rimase al Milan fino al termine della stagione 1992/1993, giocando 171 partite e segnando cinquantasei reti. Il suo palmares milanista contò tre scudetti, tre Supercoppe nazionali, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali e due Supercoppe europee.

La parentesi Sampdoria

Nel luglio 1993 fece armi e bagagli e passò alla Sampdoria. Anche in blucerchiato fece vedere cose incredibili: quindici reti segnate (tra cui gol vittoria contro il Milan a Marassi con esultanza sotto la curva doriana), terzo posto in campionato e vittoria della Coppa Italia. Dopo una sola stagione tornò al Milan, ma vi rimase solo otto partite e da novembre 1994 passò ancora alla Samp dove rimase fino al termine del campionato. Lo stesso Gullit segnò il gol del pareggio nei tempi regolamentari e i rossoneri vinsero la loro terza Supercoppa italiana, proprio contro la Sampdoria. Con i blucerchiati chiuse dopo sessantatre partite e ventisette reti segnate.
In quel periodo iniziava a nascere un vero interesse verso il calcio inglese con la Premier che iniziava a vedere militare alcuni giocatori del Continente. Il nostro Ruud decise di provare l’ebbrezza del football e passò al Chelsea, club di Londra che non era avvezzo (allora) alle vittorie tanto da non vincere il titolo nazionale dal 1955, accontentandosi di sporadiche partecipazioni alle coppe europee.

Il Chelsea

Con i blues arretrò a difensore centrale e segnò solo tre reti, ma anche lì Gullit fece capire di essere un uomo pieno di risorse, tanto che la stagione 1996/1997 divenne allenatore/giocatore del club dopo l’allontanamento di Hoddle. Con l’olandese in panchina, il Chelsea vinse la sua seconda FA Cup, a distanza di sedici anni dalla prima, in finale contro il Middlesbrough. Rimase al Chelsea tre stagioni, di cui solo la prima veramente da calciatore.

Ruud Gullit allenatore

Il 12 febbraio 1998 fu esonerato e sostituito da Vialli in panchina. In quella stagione, il Chelsea aveva in rosa ben tre giocatori italiani: Vialli, di Matteo e Zola, giocatori che hanno scritto pagine memorabili del club blues. Il giorno dell’esonero decise di ritirarsi da giocatore, diventando a tutti gli effetti un tecnico
Sei mesi dopo divenne allenatore del Newcastle (al posto di Dalglish), arrivando subito in finale di FA Cup, ma perdendo contro il Manchester United. Rimase in riva al Tyne una stagione e…cinque partite di quella successiva.
Dopo cinque anni di inattività, nel marzo 2003 Gullit entrò nei quadri della Federcalcio olandese, accettando la panchina della Under 19 e l’anno successivo affiancò Advocaat come vice Ct nell’Europeo 2004 in Portogallo, con gli orange che arrivarono fino in semifinali, sconfitti dai padroni di casa.
Finita la kermesse europea passò al Feyenoord, il suo vecchio amore, ma anche lì rimase poche giornate prima di essere esonerato.
Dopo tre anni di pausa, accettò la proposta dei LA Galaxy, ma anche li i risultati furono scarsi e l’anno dopo si dimise.
Non stanco dei continui fallimenti, nel gennaio 2011 Gullit accettò un’altra panchina…esotica: il Terek Groznyj, club ceceno militante nella massima serie russa. Anche li i risultati furono scadenti: partito con il proposito di rendere il club una realtà di prim’ordine in Russia, dopo neanche sei mesi fu esonerato. Quella con il club del discusso Ramzan Kadyrov è a oggi l’ultima panchina di Gullit.

Cosa resta del calcio di Ruud Gullit

Se il Gullit allenatore a oggi è stato molto mediocre, a noi piace ricordarlo per come è stato in campo: un giocatore completo, abile sia nella fase difensiva che in quella offensiva, con movenze da campione e quei colpi di testa che, con le treccine che si muovevano, lo rendono ancora oggi un mito ed un personaggio storico del calcio degli anni Ottanta-Novanta. Gullit era molto carismatico, in campo aveva uno stile di gioco molto tecnico e un ottimo tiro ed univa in sé quel tocco di pazzia (positiva) che lo ha contraddistinto in campo come nella vita.
E’ stato uno dei primi giocatori impegnati politicamente della storia: dalla sua lotta al razzismo all’apartheid, dalla lotta all’AIDS al rispetto delle minoranze e vittoria del Pallone d’oro fu dedicata al suo amico Nelson Mandela, allora in carcere.
Ruud Gullit e le sue treccine, un binomio che lo resero un personaggio ed un giocatore iconico di una squadra leggendaria che ha riscritto la storia del calcio. E lui fu la punta di diamante, con un fisico possente e la corsa da centometrista, il colpo di testa efficace e i dribbling ubriacanti.
Giocatore dalla vita sentimentale tribolata (tre matrimoni, sei figli, tantissimi flirt), ha unito classe e pazzia in un corpo da corazziere.
Oggi Gullit ha 54 anni, sembra che abbia chiuso con il calcio anche se ha scritto un libro pubblicato poche settimane fa, ma a noi piace ricordarlo con la maglia “Stop Apartheid” indosso, i dreadlock, il