Il calcio italiano ed un buco da 150 milioni di euro provocato dal Decreto Dignità

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Si parla, sempre più spesso, di un campionato italiano povero, arricchito dalla solita Juve, unica capace di massimizzare i profitti e reinvestire nel migliore dei modi. Certo è che il nostro campionato non ha giovato, nell’ultimo biennio, dei provvedimenti legislativi presi dal Governo, in particolare dal precedente Esecutivo a trazione grillo-leghista. Che collegamento può avere il Decreto Dignità col mondo del pallone italiano?

Il blackout delle sponsorizzazioni nel calcio italiano

Apparentemente nessuno. Se non fosse che il decreto legislativo fortemente voluto, ai tempi, dal Movimento Cinque Stelle, abbia introdotto il blocco totale di pubblicità, sia diretta, sia indiretta, su giochi e scommesse comprendenti vincite in denaro. Anche qui nessun collegamento: ma il citato Decreto è costato alla Serie A, massimo campionato italiano, già più di cento milioni. Cioè quanto la Juventus ha speso, nell’estate del 2018, per assicurarsi le prestazioni sportive di Cristiano Ronaldo. Ovviamente le conseguenze sul calcio sono dirette: dal mondo del pallone italiano sono uscite tutte quelle partnership legate ai casinò online e alle scommesse sportive. Con buona pace del nostro calcio, e per la felicità di campionati come Premier e Liga che hanno acquisito dall’Italia numerosi sponsor legati al gambling. L’esempio è molto pratico: la Roma, che aveva accordi in essere con Betway, ha dovuto rescindere il proprio contratto. Ha fatto lo stesso la Lazio. La Serie A si è trovata fin da subito a dover coprire un buco da 35 milioni di euro.

La crescita delle partnership in Inghilterra e Spagna

I campionati rivali, già arricchiti oltremodo per le politiche di diritti televisivi vigenti nei rispettivi paesi, e soprattutto in Premier dove le tv erogano annualmente 2,4 miliardi ai club, si sono ancor di più arricchiti. Facendo due conti in Liga Santander, massimo campionato iberico, su venti squadre ben diciannove hanno una agenzia di scommesse come sponsor. Una tradizione ormai consolidata da anni e anni di accordi: il Real Madrid nel 2007 fece da apripista a questi accordi calcio-scommesse. Oggi tutti i club di Liga hanno questi sponsor e resta fuori la sola Real Sociedad, per volere dei tifosi. Difatti il numero uno del club, Aperribay, aprì un sondaggio tra i membri della sua “torcida”, chiedendo loro se avessero preferito uno sponsor di betting: l’86% votò contro e a malincuore i vertici del club basco dovettero declinare ogni tipo di accordo: “Ci teniamo a curare i messaggi che trasferiamo alla nostra comunità” – commentarono in una nota. Ma sempre in Liga sette squadre, tra cui Siviglia e Valencia, hanno una società di bookmaker come main sponsor.

In Premier sono sempre 19 le squadre che hanno sponsor con società di bookmaker, ad eccezione del Brighton&Hove Albion. Altri team, tra cui Leicester e Arsenal, hanno più accordi in essere con più società di betting. Anche per questo motivo molti investitori hanno detto addio al calcio italiano: impossibile fare business intorno al pallone, nel nostro Paese, dove gli stessi club ci rimettono. Basti pensare alla già citata Roma, che ha subito danni e beffe: per rescindere dal contratto con Betway ha anche dovuto sborsare 15 milioni di euro. In altri Paesi, dove il gioco online regolamentato è in piena libertà ed in grande espansione, i fondi non mancano ed anzi aumentano. Anche per questo, progressivamente, sfiorisce il calcio italiano. Oggi i milioni persi sono 35, ma la proporzione è di 150 milioni.