Home Serie A Inter News Inter, Acerbi: “Avevo fiducia nella giustizia. Parlerò con Spalletti”

Inter, Acerbi: “Avevo fiducia nella giustizia. Parlerò con Spalletti”

Il Corriere della Sera ha intervistato il difensore dell'Inter, che ha parlato dell'episodio accaduto con Juan Jesus e tutta la situazione che si è venuta a creare di conseguenza.

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FRANCESCO ACERBI INFURIATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Francesco Acerbi, difensore dell’Inter e della Nazionale, parla al Corriere della Sera. Lo fa in uno dei momenti più difficili della sua carriera, dopo l’episodio avvenuto la sera del 17 marzo, quando durante la partita a San Siro contro il Napoli ha scambiato qualche parola di troppo con Juan Jesus. L’accusa di aver proferito una frase razzista ha fatto avviare un’indagine della Giustizia Sportiva, conclusasi con l’assoluzione dell’italiano data la mancanza di prove. Ovviamente si continua a parlare della vicenda, e il giocatore ha detto la sua.

Le Parole di Acerbi

Francesco Acerbi, dopo più di dieci giorni nella bufera, terminati con l’assoluzione dalle accuse di razzismo, come si sente?

“Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto le persone intorno a me hanno reagito come se fossi uscito dalla galera dopo dieci anni: sono state giornate molto pesanti”.

Perché parla solo oggi?

“Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone già enorme. Adesso c’è una sentenza e voglio dire la mia, senza avere nulla contro Juan Jesus, anzi sono molto dispiaciuto per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto”.

La sentenza non è stata una liberazione?

“Lo è stata, ma sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato tutti sopra senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno”.

Il razzismo resta comunque una piaga e il calcio viene accusato di non fare abbastanza per combatterlo.

“Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo è George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona”.

Se non è lotta al razzismo, allora cos’è?

“Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che doveva rimanere in campo e che non c’entra nulla col razzismo. Il razzismo è una cosa seria, non un presunto insulto”.

Il campo non deve essere una zona franca.

“Non dovrebbe esserlo, ma si sente un po’ di tutto, anche se ci sono quaranta telecamere. Però finisce sempre lì, altrimenti diventa tutto condannabile, anche gli insulti ai serbi, agli italiani, alle madri”.

Lei che ha avuto un cancro e una recidiva si è mai sentito discriminato?

“Certo, per questo ritengo che se uno sbaglia è giusto che paghi, come io ho pagato la multa quando ho mostrato il dito medio ai tifosi della Roma che mi urlavano “devi morire”. In migliaia lo gridavano a uno che è guarito due volte da un tumore ed è testimone dell’Airc”.

È stato più complicato gestire questa vicenda rispetto alla malattia?

“Non c’è paragone, quella in confronto è stata una passeggiata. L’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo”.

Ha temuto per la sua carriera?

“Se ti danno dieci giornate e passi per razzista cosa succede? Sarei stato finito non come calciatore, che mi interessa fino a un certo punto, ma come uomo. Tutti avevano già emesso la sentenza ancora prima che uscisse. E per tanti sono razzista anche adesso: non ci sto, le gogne mediatiche non servono a nulla. Il problema del razzismo esiste e non voglio sminuirlo”.

È contento che lunedì si giochi a San Siro? Avrebbe temuto la reazione dei tifosi avversari se fosse rientrato in trasferta?

“Sono contento di giocare, volevo esserci se e quando arriverà lo scudetto della seconda stella. Quello che dicono i tifosi avversari non mi interessa”.

Si aspetta di essere convocato per l’Europeo?

“Non mi aspetto niente. Per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto sulla vicenda. E non voglio parlarne mai più”.

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