Un aperitivo o un buon caffè al bar Samarani, in piazza Diaz, poi il 24 fino a piazzale Axum. Il profumo di caldarroste in inverno, le foglie gialle sull’asfalto in autunno, il sole sorridente della primavera. San Siro, ogni maledetta domenica. Berlusconi che andava il venerdì a Milanello per caricare i suoi, Moratti che fumava mille sigarette in tribuna pensando all’esonero del povero allenatore di turno. Prima ancora, le parole di Beppe Viola, Teo Teocoli in rossonero, Gino Bramieri in nerazzurro a raccontare barzellette geniali quasi quanto quelle di Peppino Prisco.
Il nero, insomma, era fisso, mentre l’azzurro e il rosso si alternavano a disegnare dolce milanesità che in San Siro trovava un teatro elegante e raffinato. Luci a San Siro, di quella sera, quante sere e quanti pomeriggi e il giorno dopo in ufficio l’atto secondo a suon di “pirla!” e “ciapa su! “. Milano mia, portami via, portami lontano, lontanissimo, fino in Cina? Il mio barista è perfino ottimista. Dice che nel nuovo San SiLo giocheranno campionissimi che solo le palanche orientali oggi possono permettersi. Torneremo grandi, dice il mio barbiere, rivedremo i Suarez e i Rivera, i Van Basten e i Ronaldo. In fin dei conti, cambia solo una consonante: una “L” al posto di una “R” che quasi nemmeno si nota.
Dicono che in Inghilterra fanno così da tanti anni, ma la Madunina sarà di buon umore? Smancerie a parte – chiedo venia per il noiosissimo incipit rossonerazzurro vintage – “a me mica mi” convince tanto quello che sta succedendo, eh. Contemporaneamente non voglio fare la parte del nostalgico a tutti i costi e quindi, come si suol dire in queste occasioni, se sono rose fioriranno. E se sono “lose”? Dai, su, smettiamola anche con questi giochini che oggi come oggi sono fuori tempo. Dall’alto, altissimo della nostra milanesità, esaltata su una base di altezzosa italianità, abbiamo il vizio di guardare a oriente con un mezzo ghigno, mentre sgobbando come i matti da oriente non stanno a guardare bensì corrono da noi e comprano tutto ciò che è comparabile. Basta sorrisetti e giochi di parole, quindi. Con un paio di punti fermi, direi. Sappiate che un po’ di nostalgia vivrà sempre dentro di noi e non ci importa se ci giudicherete vecchi e vetusti.
Ma soprattutto sappiate – tutti – che il calcio a Milano è una cosa seria quanto la Muraglia Cinese. E anche in questo caso c’è pochissimo da scherzare. Io abito a Pavia, per dire, 30 chilometri da Milano. Un paio di anni fa sono arrivati i cinesi che hanno acquistato la squadra di calcio locale, con investimenti incredibili e promesse di gloria. Una settimana fa, all’improvviso, conferenza stampa in cui di fatto hanno comunicato che si sono stufati del giocattolino e che chiudono i rubinetti. Ecco, la Madunina dall’alto del cielo di Milano osserva attenta. Molto attenta.