L’urlo di Marco Tardelli e quell’Italia mundial

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Tardelli, l’urlo mondiale…

Il sogno di chi gioca a calcio è quello, un giorno, di partecipare ad un Campionato del Mondo con la maglia della propria Nazionale e segnare un gol nella finale. A oggi, in XXI edizioni del Campionato del Mondo di calcio, tredici Nazionali hanno disputato l’atto conclusivo della kermesse e sessantaquattro calciatori hanno avuto l’onore di segnare un gol in una finale mondiale. Uno di questi è Marco Tardelli.

Quando si pensa a Marco Tardelli, la mente vola al Mundial di Spagna ’82, quello che ha visto la nostra Nazionale sconfiggere la Germania Ovest 3-1 ed alzare, sotto il cielo del “Bernabeu”, la terza Coppa del Mondo. Quella vittoria mondiale è stata un’impresa storica per i ragazzi allenati dall’allora Commissario tecnico Enzo Bearzot: dopo aver passato a fatica la prima fase a gironi (per un gol segnato in più rispetto al debuttante Camerun) e dopo un periodo di silenzio stampa dove l’unico a parlare alla carta stampata era il solo capitano Dino Zoff, nella seconda fase a gironi gli azzurri hanno cambiato…sport e hanno prima eliminato Argentina e Brasile (rispettivamente i campioni del Mondo uscenti e la squadra dal punto di vista dei nomi e della tecnica nettamente più forte di tutte), poi in semifinale la Polonia (una delle realtà europee più interessanti dell’epoca) e l’11 luglio 1982, in finale, è arrivato il terzo trionfo a distanza di quarantaquattro anni dall’ultimo alloro mondiale (Francia ’38), sconfiggendo la Germania Ovest, campione d’Europa in carica.

Mattatore di quel fantastico mondiale è stato Paolo Rossi, ma un ruolo determinante lo ha avuto proprio Tardelli. Il numero 14 di Careggine ha segnato il gol del momentaneo 2-0 con un gran sinistro da fuori area che ha battuto il portiere tedesco Schumacher. Tardelli è diventato iconico dopo quel gol soprattutto per la sua esultanza: un urlo di gioia misto a rabbia, voglia di riscatto e felicità che hanno reso lui e la sua corsa come uno dei momenti più alti della storia del calcio mondiale.

Il gol dell’allora giocatore della Juventus è stato quello che ha indirizzato la Coppa del Mondo verso le mani di Dino Zoff, visto che la Germania Ovest, uscita stremata dal match giocato tre giorni prima nella semifinale vinta ai rigori (la prima della storia mondiale) contro la Francia, era stata messa nell’angolo dai ragazzi di Bearzot che al minuto 81, con il gol di Altobelli, andò sul 3-0 e con l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, in piedi davanti al re di Spagna a dire “Non ci prendono più!” facendo segno con il dito.

Quell’urlo è stato il segno dei tempi, di un Paese calcisticamente uscito distrutto dallo scandalo “Totonero” di due anni prima e con Bearzot accusato di aver sbagliato le convocazioni, favorendo Paolo Rossi, tornato in campo solo a tre giornate dal termine del campionato (a seguito della squalifica, appunto, per il “Totonero”) ed impedendo la chiamata dell’allora attaccante più forte del nostro calcio, Roberto Pruzzo, vincitore, proprio nella stagione che portava al Mondiale spagnolo (la 1981/1982), della classifica marcatori. Rossi fu convocato tra molti scetticismi. La nostra Nazionale era, inoltre, una squadra esperta, ma molti giocatori convocati erano giovani e quasi al debutto in azzurro. Alla fine, Enzo Bearzot ha avuto ragione perché chi vince, nel calcio, ha sempre ragione.

Ma se “Pablito”, come detto, è stato l’eroe, altrettanto eroica è stata la Nazionale nel suo complesso. In particolare proprio Marco Tardelli, allora 27 anni e leader del centrocampo della Nazionale già quarta classificata quattro anni prima in Argentina.

Tardelli era quello che si francobollava al suo avversario e non lo lasciava un secondo (come Gentile faceva con l’attaccante di turno). E molte volte gli è capitato di segnare.

Proprio come al minuto 68 di quella partita che tutti sperano un giorno di giocare, la finale mondiale: nell’area della Germania Ovest, sulla destra, uno-due fra Scirea e Bergomi. Il numero 6 azzurro vide libero Tardelli a ridosso dell’area, gli passò il pallone ed il numero 14 toscano stoppò la palla di destro, se la mise sul sinistro e calciò verso Schumacher, battendolo. Dopo la rete, quell’esultanza che ha fatto storia. Quell’urlo durato sette secondi che ha messo a tacere le cattiverie contro una squadra che nelle amichevoli pre-Mundiali, in tre partite, aveva segnato un gol e subito quattro reti e che tutti speravano venisse eliminata per “processare” Bearzot e la squadra stessa.

Ed invece il calcio si dimostrò ancora una volta scienza non esatta e sull’aereo che portò a casa gli azzurri passò alla storia la celebre partita a scopone tra le coppie Zoff-Pertini contro Bearzot-Casio con la prestigiosa coppa a fare da capolino sul tavolo dei quattro. Invece di tornare a casa con la coda tra le gambe e la testa bassa, gli azzurri tornarono a casa con la Coppa del Mondo.

Tardelli, dopo il ritiro di Zoff nel maggio 1983, indossò alcune volta la fascia di capitano della Nazionale e fu convocato anche per i Mondiali messicani del 1986 dove l’Italia uscì agli ottavi per mano della Francia del suo collega bianconero Platini. Tardelli è uno dei nove calciatori (di cui sette italiani) ad aver vinto tutte le coppe europee per club.

E pensare che Marco Tardelli era stato scartato in giovane età per il suo fisico considerato gracile da Bologna, Fiorentina e Milan. Il giocatore si mise in luce prima con il Pisa in Serie C (tra il 1972 ed il 1974) per poi giocare una stagione a Como in Serie B e nel 1975 il suo passaggio alla Juventus, dove giocò dieci stagioni. La sua ultima partita in maglia juventina è datata 29 maggio 1985, una data che tutti purtroppo tragicamente ricordano, e poi disputò due stagioni all’Inter (dove doveva andare nel 1975 anziché alla Juventus), prima di chiudere la carriera in Svizzera, al San Gallo. Il calciatore brasiliano del Gremio, Diego Tardelli, è stato chiamato così perché il padre era un fan del centrocampista toscano.

Appese la scarpette al chiodo, Marco Tardelli è diventato allenatore, raggiungendo l’apice con la vittoria dell’Europeo 2000 in Slovacchia alla guida della Nazionale Under 21. Come allenatore di club però ebbe tante delusioni.

In campo Marco Tardelli è stato un combattente, uno solido, uno tutto garra e voglia di vincere. Un’icona di un Italia calcistica che nessuno dimenticherà mai.

Oggi l’ex centrocampista azzurro è un apprezzato opinionista televisivo, ma a imperatura memoria non si può pensare a lui e a quel pazzo Mondiale spagnolo, al suo gol, alla sua esultanza e a Pertini in piedi gonfio di gioia.

Quel suo urlo di gioia ha rappresentato l’Italia intera, il suo popolo, la volontà di tornare sul tetto del Mondo dopo lo scandalo del calcioscommesse ed il decennio precedente che ha visto l’Italia fare i conti con il terrorismo,

Quell’urlo è di tutti noi, anche di chi non era nato quell’11 luglio 1982: un bene di carattere nazionale.