Milan – Juve, le duellanti…

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Inter Milan

NEGLI ANNI 90 ERA “LA PARTITA” CHE CATALIZZAVA LE ATTENZIONI DI TUTTO IL MONDO CALCISTICO. ORA PUO’ ESSERE UNO SNODO CRUCIALE PER LE AMBIZIONI DI ENTRAMBE

Pensi a MilanJuventus e la testa si affolla di ricordi; ricordi di una Serie A che rappresentava quanto di meglio si potesse trovare su un campo di calcio. Un campionato che sfornava realtà di livello a getto continuo, che poi in Europa la facevano da padroni, in tutti i luoghi e in tutti i laghi.

A capeggiare il plotone di esecuzione delle residue speranze di successo del Resto d’Europa, vi erano rossoneri e bianconeri che, a parte l’impresa della Sampdoria nel 1991, fino all’alba del nuovo secolo si sono spartite le vittorie del nostro campionato (5 per il Milan, 3 per la Juve), sancendo una supremazia ben incarnata anche nella stanza dei bottoni di chi l’Italia pallonara la governava.

Pensi a Milan – Juve e immagini un San Siro pieno come un uovo, come in quell’autunno del ’95, in mondovisione, a fare da scenografia maestosa per le prodezze di un Weah in odore di Pallone d’Oro; o a quell’ 1-6 con un Zidane celestiale a dispensare lezioni di bel gioco contro un Milan crepuscolare, ma pronto a riaprire un nuovo ciclo. Per non parlare poi della notte dell’ Old Trafford, teatro di quella finale di Champions nel 2003 che ha rappresentato in maniera incontestabile la voglia di rivincita di un’Italia calcistica uscita ferita dai magheggi di matrice coreana, con Byron Moreno nelle vesti del bounty killer. Due club che non si sono risparmiati mazzate e carezze, polemiche e gesti da Libro Cuore, come in occasione dell’ infortunio di Buffon in un Trofeo Berlusconi – che vedeva non a caso entrambe protagoniste – e rossoneri che, con grande signorilità, hanno letteralmente “prestato” l’ottimo Abbiati come indennizzo, per salvare la Santa Alleanza.

Poi, è venuta Moggiopoli, a ribaltare le gerarchie del nostro calcio, che mentre si beava del trionfo di Berlino, sui nostri schermi ha subìto una rivoluzione copernicana. Il Milan ha fatto in tempo, l’anno dopo con Ancelotti in panchina, a regalare gli ultimi orgasmi europei, mentre la Vecchia Signora, infarcita di campioni del mondo, ma anche di juventinità, è ripartita da zero. Anni di transizione, con un Milan ricco di figurine e di gloria, ma poco vincente, e una Juve immediocrita.
Tutto questo fino al gol fantasma di Muntari, quando, Processo biscardiano a parte, non si parlava ancora di VAR e il Milan si è sentito defraudato di uno scudetto che sentiva ormai in pugno. La Juve diede inizio al suo quinquennio proprio in quel 2012 che sancì il suo rinascimento (con la erre minuscola of course), il Milan da quella partita scese lentamente nel limbo delle nobili decadute del nostro calcio.

Non c’è dubbio che siano state, negli ultimi trent’anni, le due più grandi ambasciatrici del nostro calcio a livello mondiale, tanto che quando le loro sinfonie diventano più dissonanti e stonate, sembra che facciano quasi da traino a un intero movimento. Inutile nasconderlo, il nostro football, non può prescindere da queste due realtà – anzi tre, se ci mettiamo anche l’Inter – per poter spiccare il volo e competere ai massimi livelli.

Vedere un Milan che inizia a prendere forma non può che giovare al nostro movimento, a maggior ragione se il progetto di Montella è foraggiato da tanti enfant prodige provenienti dal vivaio di Milanello, tornato fertile come ai tempi di Baresi e Maldini.
Per non parlare della Juve corsara a Lione, grazie ad un carattere e ad una malizia propria di chi questi palcoscenici li calca con la disinvoltura dei grandi, requisito fondamentale per far parte del tavolo dell’Europa che conta.

Un desco che al momento presenta una sedia vuota, ma il Milan si è assentato solo per un momento. Gli altri commensali lo sanno bene e iniziano ad allargare i gomiti.