Il giornalista-tifoso del Milan Carlo Pellegatti ha risposto ad alcune domande sul presente e il passato del Milan in esclusiva per SportPaper
Carlo Pellegatti ha accompagnato per anni i tifosi rossoneri e gli appassionati di calcio in generale con le sue entusiasmanti telecronache. Il suo estro e la sua dialettica sopraffina hanno fatto scuola rendendolo tra i giornalisti più apprezzati del panorama nostrano. Nel corso della sua carriera non si è fatto mancare nulla, commentando le gesta del grande Milan dell’epopea berlusconiana, di cui conserva gelosamente il ricordo.
Il Milan contro ogni pronostico è partito alla grande ed è primo in classifica. Secondo lei può davvero puntare al titolo o l’obiettivo più realistico è il ritorno in Champions League?
Il Milan deve continuare a giocare con questa attenzione e concentrazione. Così diventa una squadra difficile da battere. Ha fiducia e autostima, per cui non c’è nessun traguardo proibitivo. Rispetto alle altre squadre può vantare meno ricambi, ma Pioli sta facendo delle ottime rotazioni e i giocatori quando vengono chiamati in causa rispondono sempre bene.
Gattuso, Pirlo, Nesta, Inzaghi e Shevchenko cinque ex illustri dell’ultimo Milan vincente in Europa oggi sono degli allenatori affermati. Se lo aspettava o magari vedeva qualcuno meno portato per questa carriera?
Non lo so, quando li vedevo giocare non potevo immaginare se potessero diventare o meno dei grandi allenatori. Credo abbiano imparato perché hanno avuto dei grandi maestri. Shevchenko ha avuto Ancelotti e Lobanovskyi mentre Inzaghi ha avuto Lippi in Nazionale. A prescindere da ciò, bisogna apprendere bene e soprattutto saper spiegare bene ai giocatori. Queste sono le doti principali degli ex calciatori in questione.
A quali delle sue molteplici cronache è più legato e perché? C’è qualche aneddoto in particolare che le viene in mente?
Semplice. Sono legato a tutte le finali di Coppa dei Campioni, ovvero contro la Steaua Bucarest, contro la Juventus a Manchester e le due ad Atene al cospetto di Barcellona e Liverpool.
Quale Milan porta maggiormente nel cuore? Quello di Sacchi, di Capello o Ancelotti?
Sicuramente quello di Sacchi. Non lo dico per i successi, ma perché quella squadra è diventata leggenda ed è stata definita a più riprese come la squadra più forte della storia del calcio.
Negli ultimi anni il Milan sembra puntare su giovani da lanciare e poi rivendere per far plusvalenza. Crede sia una strategia vincente sul campo o solo economicamente?
È capitato solo con Locatelli che in quel momento non si stava esprimendo al massimo e con Cutrone. De Sciglio invece era anche una questione tecnica e non rientrava più nei piani del club. Con altri giocatori come ad esempio Romagnoli e Donnarumma questo discorso non è stato fatto perché sono stati ritenuti imprescindibili.
Cosa pensa dell’introduzione del Var nel calcio? Se ne fa un giusto utilizzo secondo lei?
È partito come una cosa assolutamente meritoria ed importante. Adesso, come a volte capita è diventata abbastanza confusa. A volte lo vanno a vedere altre volte no e questo genera disordine. Era più lineare prima, adesso l’hanno reso più complicato. Devo ammettere però che all’estero ne fanno un utilizzo più coerente. Peccato, perché ritengo che sia una tecnologia straordinaria.