NBA: i cinque giocatori più chiacchierati sul mercato

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Cinque casi ancora aperti mentre la Lega si avvicina al Christmas Day.

La NBA, imbrigliata in quella che sembra essere la più forte ondata interna di Covid-19 degli ultimi due anni, si appresta a vivere – pur con qualche tentennamento – uno dei propri riti più riconoscibili: il Christmas Day, la non-stop di quasi 12 ore che ogni anno tiene incollati milioni di telespettatori divisi tra pranzi e visite dei parenti.

All’approcciarsi di questa data sempre decisiva per lo sviluppo della stagione, la Lega continua tuttavia ad avere al proprio interno delle situazioni di disagio che non sembrano essere risolvibili nel breve periodo. Ecco quindi, un elenco dei cinque giocatori con le maggiori probabilità di separarsi dalla propria squadra nelle prossime settimane.

 

#5: John Wall

Il playmaker degli Houston Rockets – arrivato in Texas lo scorso anno nell’affare che ha portato Westbrook a Washington – ha vissuto il proprio inizio di stagione dalle tribune, non comparendo in nessuna delle sfide giocate dai suoi.

Un’esclusione che, tuttavia, non ha suscitato particolari scalpori: l’ex All-Star e la franchigia, infatti, erano d’accordo nel lasciare John fuori in attesa di uno scambio, in modo da preservare il fisico del numero 1 e far sviluppare i giovani in squadra, vero cardine del nuovo progetto dei texani.

Dal 27 novembre, però, l’assenza non sembra più essere concordata. In un incontro con il General Manager Rafael Stone, infatti, Wall ha fatto sapere di voler riprendere il proprio ruolo da titolare. Una richiesta rifiutata dalla dirigenza, che vedrebbe per il giocatore al massimo un ruolo da rincalzo e mentore delle nuove leve.

L’ex Wizards è quindi al momento alla ricerca di una nuova sistemazione; una grana non facilmente risolvibile, visto il contratto oneroso (44 milioni di dollari in questa stagione e un’opzione da 47 nella prossima) a carico della guardia. Si è vociferato a lungo di uno scambio con Kemba Walker – epurato di casa Knicks di cui parleremo in seguito – ma la troppa disparità tra i due salari in una Lega dal rigido salary cap ha messo da subito l’operazione in salita.

 

#4: Kemba Walker

Forse il giocatore che ha vissuto la svolta più inaspettata in questa stagione: accolto come una stella in estate dai tifosi della sua città d’origine, oggi Kemba è senza mezzi termini un separato in casa dei New York Knicks.

A partire dal 28 novembre scorso, infatti, coach Tom Thibodeau ha fatto sapere che Walker non avrebbe più fatto parte della rotazione, a causa – con ogni probabilità – delle sue eccessive lacune difensive, che lo rendono uno dei peggiori in quest’annata.

Dopo tre settimane di purgatorio, tuttavia, Walker ha avuto una parziale rivincita nella recente sfida contro i Boston Celtics, in cui – a causa di un cluster di Covid-19 all’interno del gruppo di New York – Thibodeau è stato costretto a dargli diversi minuti in campo. Risultato: 29 punti e 5 triple segnate, non abbastanza per riappacificarsi, ma forse quanto serve – complice anche un contratto biennale da soli otto milioni a stagione – per trovare qualche pretendente.

 

#3: Russell Westbrook

L’epopea di Russell Westbrook, reduce tra tre scambi nelle ultime tre offseason, non sembra essere ancora finita. Pesce fuor d’acqua nel complicato inizio dei Lakers, è sicuramente tra i giocatori più discussi delle ultime ore, con molti analisti e tifosi che ne chiedono a gran voce la cessione.

Il contratto biennale da 91 milioni complessivi lo rende sicuramente poco appetibile, visto anche il rendimento altalenante delle ultime stagioni, e i Lakers non sembrano così scontenti delle sue prestazioni da ridursi a cedere asset importanti – come il giovane Talen Horton-Tucker – per liberarsi di lui.

Solo illazioni, quindi? Come sempre nella NBA, mai dire mai.

 

#2: Kyrie Irving

Sicuramente la diatriba più discussa, viste anche le implicazioni sociali e di attualità. Cercheremo di fare un rapido riassunto delle puntate precedenti, nonostante appaia impossibile.

L’amministrazione della città di New York annuncia – ad inizio autunno – una stretta sulle misure anti-Covid. Tra le norme approvate c’è l’obbligo di vaccinazione per tutti i partecipanti ad un grande evento, giocatori compresi.

Kyrie, fautore della libertà vaccinale, fa quindi sapere che non intende sottoporsi alla vaccinazione per difendere tutte le categorie di lavoratori costrette dalle circostanze ad immunizzarsi contro la propria volontà.

I Brooklyn Nets, a questo punto, decidono di sospendere senza stipendio Irving, nonostante avessero la possibilità di utilizzarlo come giocatore part-time nelle partite in trasferta – in quanto a richiedere il requisito vaccinale sono solamente le città di New York e San Francisco, non la NBA.

In seguito a questa dura presa di posizione della proprietà, Irving inizia ad essere accostato dagli insider a diverse squadre, ma nessun Front Office sembra voler correre il rischio di aggiungere al proprio roster un giocatore in una situazione tanto delicata.

In settimana, dopo mesi di tensioni, Kyrie viene ufficialmente riammesso agli allenamenti della squadra, con il fine ultimo di utilizzarlo nelle gare fuori casa, visto il focolaio di Covid attivo nel roster di Brooklyn. Al primo tampone dei tre necessari per il rientro, tuttavia, Irving risulta positivo.

Il caso si complica ancora, sempre di più.

 

#1: Ben Simmons

Altro giro, altra querelle intricatissima, questa volta tra l’australiano Ben Simmons ed i Philadelphia 76ers.

Dopo la cocente eliminazione in sette gare per mano di Atlanta nelle ultime Semifinali della Eastern Conference, infatti, la storia d’amore tra il playmaker di Melbourne e la franchigia della Pennsylvania sembrava giunta al capolinea. Tanto coach Doc Rivers  quanto Joel Embiid, infatti, avevano rilasciato nel post-Gara 7 dichiarazioni al vetriolo nei confronti di Ben, lasciando presagire una risoluzione immediata.

Dopo un’offseason di tensioni e silenzi – con Simmons che è arrivato a delegare ogni forma di comunicazione con compagni e società al proprio agente – Daryl Morey, plenipotenziario della squadra, ha tuttavia optato per una strategia attendista, iniziando a multare sistematicamente Ben.

In autunno, secondo fonti non confermate a causa di alcuni problemi economici, il numero 25 è quindi rientrato a Philly per evitare il congelamento dell’intero stipendio e cercare con la squadra una soluzione. Dopo un paio di allenamenti, tuttavia, Simmons ha dichiarato alla dirigenza di non sentirsi mentalmente pronto per riprendere a giocare, lasciando di fatto i Sixers.

La società – con una mossa decisamente discutibile – ha quindi preteso i referti degli specialisti che curano la salute mentale del campione australiano, ottenendoli quasi con un ricatto.

Da allora le notizie latitano, con Ben sistematicamente accostato a varie squadre senza che vi sia mai una mossa concreta. La soluzione, dopo una parziale ricomposizione delle relazioni, dovrebbe essere in questo caso abbastanza vicina, ma restano ancora da risolvere diversi inconvenienti.