Argentina ed Italia sono da oltre un secolo e mezzo “cugine” non solo per motivi economici e commerciali, ma anche perché oltre la metà degli abitanti del Paese sudamericano è di origine italiana.
Certo è che i due Paesi hanno un altro tratto in comune: il gioco del calcio. La nostra Serie A da sempre gode del talento dei giocatori argentini per impreziosirsi, diventando il luogo della loro esplosione e della loro definitiva consacrazione: dagli oriundi campioni del Mondo Luisito Monti ed Atilio de Maria a Renato Cesarini negli anni Trenta; da Omar el cabezon Sivori al petisso Bruno Pesaola nei ’50; da Daniel Passarella a Ramon Diaz negli anni Ottanta; da Abel Balbo a Nestor Sensini e da Gabriel Omar Batistuta a Hernan Crespo che hanno rafforzato le squadre di Serie A nei Novanta; dagli interisti Javier Zanetti e Diego Milito, da Carlos Tevez a Paulo Dybala. Senza contare il più forte calciatore della storia, Diego Armando Maradona, che con le sue magie ha fatto sognare Napoli tra il 1984 ed il 1991. Complessivamente, oltre trecento calciatori argentini hanno militato in Italia nelle nostre serie calcistiche.
Va da se dire che i record men di presenze e di marcature nella storia della Seleccion sono di origine italiana ed hanno stabilito i propri primati quando militavano nella nostra massima serie: el pupi Zanetti (145 caps) ed il re leone Batistuta (56 reti), allora giocatori Inter e Roma. Come di origine italiana erano i capitani che hanno alzato al cielo le due Coppe del Mondo finora conquistate dall’Argentina, Passarella e Maradona, esponenti della golden age del calcio italiano negli anni Ottanta.
Arriviamo dunque ad oggi, dove la classifica marcatori della Serie A è guidata saldamente (e sarà vinta) dall’argentino del Napoli Gonzalo Higuain che con 30 reti in trentuno partite, sta cercando di eguagliare, se non superare, il record di trentacinque reti in campionato che lo svedese Gunnar Nordhal detiene da sessant’anni. Erano dieci anni che il capocannoniere della Serie A non segnava almeno trenta reti (Luca Toni, 31 reti, stagione 2005/2006), diventando l’ottavo giocatore a segnare almeno trenta reti in stagione. Un altro argentino, l’oriundo “angelo dalla faccia sporca” Antonio Valentin Angelillo, in passato, aveva chiuso la stagione segnando un gol a stagione: 33 reti in trentaquattro partite (stagione 1958/1959). La squalifica di quattro giornate inflitta al numero 9 di Sarri potrebbe però impedirgli di battere i due record, ma l’argentino diventerà il decimo argentino a vincere la classifica marcatori (dopo Julio Libonatti, Enrique Guaita, Angelillo, Sivori, Pedro Manfredini, Maradona, Batistuta, Hernan Crespo e Mauro Icardi).
Tra i primi dieci marcatori della Serie A ci sono altri due argentini: la joya della Juventus, Paulo Dybala (al secondo posto alla pari con Carlos Bacca, colombiano) ed il capitano dell’Inter, Icardi, rispettivamente con quattordici e tredici reti. La scorsa stagioneMaurito vinse (ad ex equo con Toni) la classifica marcatori con ventidue reti.
L’attenzione di tutti però è sul pipita e sull’attaccante di Laguna Larga: il Napoli è nelle mani (e nei piedi) del suo numero 9 per continuare la rincorsa a quello scudetto che dalle parti di Fuorigrotta manca dal 1990, mentre la Juventus ha nel suo numero 21 un giocatore imprescindibile che le sta permettendo (insieme ad una rosa tornata a livelli competitivi) di lottare per vincere il quinto scudetto di fila.
Se Higuain è una certezza a livello mondiale, la vera novità è Paulo Dybala, la “gioia” nel cappello di mister Allegri che dopo un avvio shock (0 punti dopo due partite come nel campionato 1912/1913), oggi si gongola il suo piccolo attaccante che si sta rivelando il vero craque del mercato estivo, visto che Andrea Agnelli ha speso 32 milioni (più otto di bonus) per strapparlo al Palermo.
E se la Juventus ora è in testa al campionato a +6 dal Napoli, lo deve (anche in parte) al pibe de la pensión, il soprannome che Dybala si porta dietro dai tempi di quando militava nell’Instituto di Córdoba.
Alcuni giocatori argentini, in questa Serie A, sono i capitani delle proprie squadre (Nicolas Burdisso al Genoa, Mauro Icardi all’Inter, Lucas Biglia alla Lazio, Gonzalo Rodriguez alla Fiorentina); altri sono fondamentali negli schemi tattici dei loro allenatori (el papuGomez, Diego Perotti, Facundo Roncaglia, Joaquín Correa, Cristian Ansaldi, Lucas Castro, Ricky Alvarez, Leandro Paredes, Maxi Lopez); altri invece sono gregari o riserve che lottano per un posto da titolare e che quando giocano non fanno mai pentire del loro impiego (Rodrigo Palacio, Mariano Izco, Nicolas Spolli, Franco Zuculini, Santiago Gentiletti, Roberto Pereyra, Mauro Zarate, Ezequiel Muñoz, Tino Costa).
Senza contare che la squadra italiana con più giocatori in rosa provenienti “dalla fine del Mondo” (come disse José Mario Bergoglio, anch’egli argentino, quando salì al soglio pontificio) è stata il Catania. Gli etnei, ora in Lega Pro, sono chiamati dalle parti di Buenos Aires la Segunda, una seconda selezione nazionale: dalla stagione 2004/2005 (in Serie B), gli etnei hanno almeno un giocatore argentino in rosa e tra il 2009/2010 e la stagione 2014/2015 ne hanno avuti almeno dieci, con ben quattordici nel 2011/2012 e nel 2013/2014. Senza contare che nel mentre anche un allenatore bianco-celeste era di stanza a Torre del Grifo (Diego Pablo Simeone per la seconda parte del campionato 2010/2011). Attualmente in Serie A giocano otto argentini che hanno giocato almeno una stagione nella Segunda.
Serie A ed Argentina, un connubio rafforzatosi il 13 luglio 2014 al “Maracana”, quando la Selecciòn sfidò la Germania con in campo tre elementi “italiani” (l’allora portiere della Sampdoria Sergio Romero, il difensore Lucas Biglia ed il puntero Gonzalo Higuain) oltre ad una nostra vecchia conoscenza (el pocho Ezequiel Lavezzi), con in panchina Hugo Campagnaro, Mariano Andujar, Rodrigo Palacio, Federico Fernandez (allora militante nel Napoli), Ricky Alvarez, l’ex Roma Fernando Gago ed un altro che sarebbe arrivato in Italia a torneo terminato, Josè Maria Basanta. Argentina ancora una volta seconda, ma la sfortuna ha voluto che proprio uno dei “nostri”, Higuain, andasse vicinissimo al gol sbagliando clamorosamente da posizione ravvicinata.
Calcio a parte, il legame tra Roma e Buenos Aires toccò l’apice il 13 marzo 2013, quando Jorge Bergoglio, gesuita con radici astigiane, venne nominato CCLXVI Papa: un altro argentino si sarebbe fatto amare in Italia. E proprio in onore del Santo Padre, cinque mesi dopo ci fu l’amichevole Italia-Argentina, vinta dagli ospiti 2 a 1 con in campo in totale undici calciatori che giocavano, o hanno giocato, in Italia.
A cavallo dell’Ottocento e del Novecento, molti italiani salparono dai porti per trasferirsi in Sud America, scegliendo il Paese con il sole che ride nella bandiera per crearsi una nuova vita. Sono di origine italiana non solo molti scrittori e uomini di cultura argentini, ma anche il nuovo Presidente argentino, Mauricio Macri, è di origine italiana, essendo nipote di emigranti calabresi. E anche lo stesso inquilino della Casa rosada è legato al calcio, essendo stato per venti anni presidente del Boca Juniors, il club dei proletari di Buenos Aires, diventato sotto la sua presidenza uno dei club più titolati al Mondo. Ed il Boca Junios stesso è legato all’Italia, in quanto il soprannome del club è la traduzione di “genovesi” (xeneizes) poiché i fondatori erano tutti di origine ligure.
Argentina ed Italia, due Paesi così lontani eppure così vicini quasi da giocarci un derby.