Ti te dominet Milan

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Inter Milan

“BAUSCIA” CONTRO “CASCIAVIT”, “MUTURETA” CONTRO “TRANVEE”… LE DUE ANIME DI MILANO SI AFFRONTANO PER LA STRACITTADINA PIU’ GLAMOUR DEL NOSTRO CALCIO.

La storia del Derby di Milano è quella di una città che accoglie fra le sue spire due realtà calcistiche da sempre in controtendenza. Già i natali dell’Inter sono avvolti in quella cappa di mistero, che da sempre contraddistingue il calcio delle origini. Si può dire che siano quasi coniugi, più che cugini, per via di quella sorta di pseudo-matrimonio celebrato nel 1908, quando alcuni dissidenti milanisti rappresentarono la costola da cui nacque la consorte nerazzurra. L’Adamo ed Eva del calcio.

La prima funzione ufficiale avvenne però su suolo straniero, a Chiasso, il 18 Ottobre di quell’anno, e vinse il Milan per 2-1. Da quel rito eseguito in terra elvetica, le due anime di Milano si sono fuse in un “unicum” che ha successivamente segnato la storia del calcio mondiale, dato che il capoluogo lombardo può vantare, unico caso in Europa, due squadre che si sono laureate negli anni regine del football sia continentale che mondiale.

Da una parte l’Inter, appartenente in origine a quella Milano altolocata, borghese, “bauscia”, che raggiungeva San Siro con mezzi propri (da lì il soprannome “muturèta” per dileggio…); dall’altra il Milan, rappresentante della classe operaia, i “casciavìt”, che allo stadio andavano invece coi mezzi pubblici, perlopiù in tram… Una suddivisione di classe poi andata scemandosi dagli anni ’70 in poi, con le due squadre ormai nell’élite del calcio mondiale, ma che ha vissuto di dualismi, come se fosse una realtà congenita da perpetuare in eterno.

Mazzola contro Rivera, il Milan degli olandesi contro l’Inter dei tedeschi, Sacchi contro Trapattoni, zonaroli e italianisti….

A celebrare il tutto, il “Meazza”, teatro dedicato al figlio prediletto della Milano calcistica, che si fregiò di due titoli mondiali con la nazionale azzurra più vincente di sempre, quella di Vittorio Pozzo. Che fu alfiere dell’Inter (ai tempi si chiamava Ambrosiana per ordini superiori) e che, con vergogna, ogni derby significava per lui l’espiazione di quel peccato mortale che fu l’indossare, a fine carriera, la maglia rossonera.

I contorni romantici di un tempo, con le due squadre ormai in orbita cinese, sono decisamente sfumati; ma nel raccontare questa partita si cade spesso, grazie alle grandi firme del passato che l’hanno omaggiata, da Gianni Brera a Beppe Viola, nella grande letteratura sportiva.
A Icardi, Banega, Lapadula e Locatelli il compito di raccontare un altro capitolo di quella meravigliosa bega famigliare e di classe nata più di 100 anni fa…