Un anno di ciclismo in pillole

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Il 2016 del Ciclismo…

PETER SAGAN – Alla sua età soltanto il “Cannibale”, al secolo Eddie Merckx, ha vinto più di lui. Dovesse trovare il giusto ritmo anche in salita, poi, sarebbe semplicemente perfetto. Nulla è precluso sulla carta a un autentico fuoriclasse come lo slovacco, che quest’anno ha centrato una storica doppietta (Europeo e Mondiale), oltre a due classiche monumento come la Gand – Wevelgem e il Fiandre. Aggiungiamoci poi 4 tappe al Tour, con tanto di “Maglia verde”, l’ennesima, a corollare il tutto. Avesse centrato la medaglia olimpica nella mountain bike, sua scuola di formazione ciclistica, avrebbe rappresentato un unicum nel ciclismo. Visto il personaggio, decisamente “rock” in un mondo di “bravi ragazzi”, non escluderemmo una preparazione specifica per qualche gara di rilievo, magari un Mondiale. Ciò non toglie che il 2016, per lui, sia stato l’anno della definitiva consacrazione.

VINCENZO NIBALI E FABIO ARU – Sono i due Dioscuri del nostro ciclismo. In un modo o nell’altro hanno catalizzato l’attenzione del pubblico italiano come non succedeva dai tempi in cui uno scricciolo di Cesenatico dava la paga tutti sulle rampe di mezzo mondo. Che sia però nato un dualismo fra i due è difficile saperlo. Finchè militavano nella stessa squadra hanno rispettato le consegne, ma ora che saranno avversari tout-court, ne vedremo delle belle. Nibali militerà nella Bahrain – Merida, consegnando i galloni di capitano al sardo, che punterà a riscattare un 2016 piuttosto sofferto. Il Giro d’Italia ci ha regalato forse l’impresa più bella dell’anno, con lo Squalo di Messina che porta a casa la seconda affermazione personale in rosa, con quella sinfonia che ha saputo suonare fra Risoul a Sant’Anna di Vinadio. Per Fabio Aru invece il ricordo della cronoscalata a Tour, con un terzo posto di tappa, e poco altro. In più non ha saputo difendere la Vuelta vinta l’anno prima. Il Giro del Centenario, che prenderà il via proprio dalla sua Sardegna, potrebbe sancire la sua rinascita.

FABIAN CANCELLARA E JOAQUIN RODRIGUEZ – Che il paisà di Berna lasciasse la compagnia era già deciso da tempo, e ha chiuso da par suo, con l’ennesimo successo a cronometro, alle Olimpiadi di Rio. Le sue lacrime hanno commosso un po’ tutti, oltre che sorpreso. Lui, che ha incarnato l’immagine del corridore moderno, del metronomo su due ruote che concede poco alle emozioni. In questo sicuramente più svizzero che italiano. Un addio da leggenda. “Purito” invece ha spiazzato tutti, quando neanche un mesetto fa ha annunciato il suo addio alle corse, dopo averci ripensato già una volta in questa stagione. Continuerà alla Bahrain – Merida, facendo parte dello staff tecnico della nuova squadra di Nibali. Il suo carisma risulterà fondamentale per il processo di crescita di questa new-entry del ciclismo mondiale.

COLOMBIA – Se c’è una nazione che si è messa particolarmente in evidenza quest’anno, è sicuramente il Paese “cafetero”. I vari Quintana, Chaves, Gaviria e Lopez hanno recitato un ruolo da primattori in questa stagione. Nairo Quintana, pur peccando di personalità e di mancanza di coraggio, porta a casa la piazza d’onore al Tour. Ma alla Vuelta si rifà, battendo il re dei Campi Elisi Chris Froome in tre mosse, con lo scatto della Camperona, la vittoria nella tappa regina ai Lagos de Covadonga e la fuga di Aramon Formigal. Avesse avuto la stessa rabbia nell’Esagono, forse avremmo potuto assistere a ben altro spettacolo, in un Tour deludente sotto questo aspetto. Esteban Chaves ha portato a casa due podi, col secondo posto al Giro (e successo di tappa a Corvara) e il terzo alla Vuelta, concludendo l’anno con la vittoria al Lombardia. Fernando Gaviria, a 22 anni, è sicuramente il talento più puro fra i velocisti dell’ultima generazione. Quest’anno ha strappato due vittorie di prestigio, come una tappa alla Tirreno – Adriatico e la Parigi – Tours. Aggiungiamoci l’oro mondiale nell’omnium ( che ha visto il nostro Elia Viviani laurearsi campione olimpico ) a Londra, e abbiamo di fronte un autentico fenomeno. Infine Miguel Angel Lopez, passista scalatore, anche lui classe ’94, che ha portato a casa il Giro di Svizzera (la quarta più importante corsa a tappe al mondo) e la Milano – Torino, primeggiando sotto la Basilica di Superga con un’azione da fuoriclasse.