Valentino Rossi: “Nessun rivale mi ha fatto smettere…”

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Valentino Rossi - ph KeyPress

VR46 – UNA LUNGA INTERVISTA A 360 GRADI

Valentino Rossi, classe 1979, 38 anni da compiere a febbraio. Per il nove volte campione del mondo, il tempo sembra non passare mai, e oggi lo ritroviamo carico e deciso come in quel lontano 1996, anno del suo debutto nel motomondiale.

La stagione che inizierà a marzo, sarà la 22esima per il pilota di Tavullia che ha fatto sapere di essere pronto per conquistare il decimo titolo mondiale, e che non è ancora pronto invece a parlare di ritiro. Alla Gazzetta dello Sport, Rossi ha rilasciato una lunga intervista, durante la quale si è parlato della sua carriera, della sua passione per le moto, della sua vita privata, ma anche del rapporto che ha con i propri compagni-rivali.

Qui di seguito l’intervista al campione di Tavullia:

In un’intervista alla Gazzetta, Alex Zanardi ha dichiarato che “Valentino è pazzescamente grande”, tanto da scommettere per il Mondiale più su di lei che non su Marquez.
«Zanardi a me piaceva molto anche prima dell’incidente, nei suoi anni seguivo molto la F.1 e Alex è sempre stato un pilota generoso, coraggioso. Poi è andato in IndyCar, ha vinto, ha fatto quel sorpasso al Cavatappi…e mille cose incredibili do- po l’incidente. Mi fa onore a dire queste cose, lo ringrazio, poi su chi scommettere non lo so, ma il suo supporto fa piacere».

Dodici mesi fa, lei dentro aveva una gran voglia di riscatto per come era finito il 2015, ma anche tanti dubbi. E ora? «Sinceramente, in questo momento sono sempre di più i punti di domanda, in tutti i piloti c’è il dubbio di non sapere più andare in moto. o almeno, a me succede così. Poi bisogna vedere come va la moto, quanto forte gli altri… Tanti dubbi prima dell’inizio, ma è energia positiva, serve a non rilassarsi troppo».

Crede al destino?
«Boh, non lo so, ancora non l’ho capito».
Si è però mai chiesto se la sua carriera, se quello che ha fatto, era destino che accadesse o se la “colpa” è anche della fortuna di essere figlio di un pilota?
«Secondo me questa è una visione più realistica. Più che il destino è l’essere nato figlio di un pilota. Non so se, senza Graziano, sarei diventato pilota. Forse no, perché è stato lui che mi ha instradato. I primi ricordi sono sempre sulla moto, a vedere lui che gira… Avesse fatto il calciatore, magari avrei avuto un’altra carriera».
Cosa deve a papà Graziano?
«La passione per la moto e anche uno stile di vita. Ho imparato molte cose da Graziano, soprattutto il non prendersi troppo sul serio».
E da mamma Stefania?
«Lei è quella che mi ha un po’ più cresciuto, anche perché sai, Graziano quando ero piccolino sinceramente non lo vedevo tanto (gran risata; n.d.r.). Con lei poi c’è stato sempre un gran rapporto, anche perché i figli maschi si attaccano di più. Le devo tanto, la mia educazione, il modo di pensare, anche la dolcezza… Alla Stefi, poi, piace molto parlare di tecnica».
Un ingegnere mancato.
«È da sempre grande appassionata di moto. Mi dà molti consigli, qualcuno giusto, qualcuno meno, diciamo che cerco di prendere quelli giusti».
Qual è stato l’incontro più importante della sua vita?
«Non è una domanda facile. La persona più importante è stata Graziano, perché è lui che mi ha fatto correre da piccolino, ha trovato i soldi… Nella mia carriera ho conosciuto tante persone importanti, dall’Aprilia alla Honda, però io direi Furusawa della Yamaha, lui con Davide Brivio e Lin Jarvis sono quelli che mi hanno convinto a fare il passaggio. Hanno cambiato la mia carriera e io oggi mi sento un pilota Yamaha».

A quasi 38 anni continua a lottare col furore agonistico di un ragazzino. Cos’è la fatica?
«Diventando più grande diventa tutto più difficile e per avere gli stessi risultati devi lottare ancora di più. Però la fatica è più quello che sta intorno, i viaggi, gli aeroporti, i fusi orari, molto anche i tifosi. Nel weekend di gara non puoi solo lavorare ma devi trovare il tempo e soprattutto le energie per fare le foto, gli autografi, anche nei momenti di fretta in cui dovresti fare altro.

Quindi,
«MOLTI SPORTIVI SI DEPRIMONO DOPO IL RITIRO, IO SPERO DI NO PERCHÉ HO UN ALTRO CARATTERE» «OGNI INIZIO ANNO ARRIVA IL DUBBIO: SAPRÒ ANCORA GUIDARE LA MOTO? POI PASSA»
la fatica è forse più quello».
È pesante essere famoso?
«È una gran soddisfazione avere tifosi in tutto il mondo, è difficile da spiegare, ma è anche un grande impegno. Sicuramente influenza molto la mia vita, ho tanti vantaggi ma anche tante cose che non posso fare, tipo la domenica pomeriggio andare a fare un giro in centro a Pesaro, il cinema, comprare un paio di scarpe. Le cose più normali».
Col passare degli anni accettare una sconfitta è più facile?
«È più facile, sì. Sicuramente 15 anni fa facevo più fatica».

Pablo Picasso ha detto: «Il senso della vita è trovare il tuo dono, lo scopo è donarlo».
«Ah bene, bene, allora io ho fatto un po’ tutti e due, perché fortunatamente ho trovato il mio dono, guidare, abbastanza presto, e però sto cercando di donarlo anche ai piloti giovani e a quelli che da grandi vogliono fare questo lavoro».

Ha più sofferto per una vittoria mancata o per una donna che le ha detto no?
Risata. «Assolutamente di più per una vittoria mancata».

Tanti sportivi di alto livello al momento di dire basta rischiano la depressione. Teme che potrebbe accadere anche a lei? «Allora: spero di non caderci, fortunatamente sono abbastanza lontano dall’essere depresso come carattere. Quando smetterò, mi mancherà una cosa molto importante e spero di reagire bene. Sicuramente non sarà rimpiazzabile, dovrò cercare cose diverse».

Ha mai sentito il vuoto, fuori dalle corse?
«Direi di no, ho la fortuna di avere tanti amici veri coi quali ci conosciamo da piccoli, da prima di diventare Valentino Rossi. Tra noi c’è un rapporto speciale, vero, come tra ragazzi normali, che mi aiuta molto a non sentirmi mai solo anche se non corro. Poi nella mia vita, anche dopo essere diventato una persona di successo ho conosciuto gente, non tanta ma qualcuno, che posso ritenere amici veri. E ce ne sono tanti che non posso considerare tali, ma che comunque stimo e coi quali mi piace passare tempo assieme. Negli anni cerchi di capire chi sono quelli veri e quelli meno».

Si definisca con un aggettivo.
«Non sono molto bravo in queste cose, non saprei, tu come mi definiresti? Bello! No dai, direi divertente».
La cosa che più si avvicina all’amore per la moto?
«Io direi le donne, c’è sempre una vicinanza tra amore per le moto e le donne, no? Una bella ragazza è l’unica che ti può dare qualcosa di paragonabile a quello che provi guidando una MotoGP al limite».
Al momento, però…
«Non c’è. Ho smesso con la mia fidanzata l’anno scorso, sono single e penso che per quest’anno andrà così».
Sono 22 anni che lei vive fuori di casa. Non le pesa?
«Ormai ci sono talmente abituato che quando non sarà più così non so come reagirò. La mia vita è da sempre questa. È bello, sto molto bene a Tavullia, ma dopo un po’ comincia a diventarti stretta e vien voglia di partire. Stare in giro è il bello di questo lavoro. C’è tanta routine, ma è una vita che non ti annoia».

Ha percorso migliaia di chilometri in pista, mai avuto voglia di prendere invece la moto e partire per un viaggio verso luoghi lontani?
«No, non mi piace moltissimo viaggiare in moto. Ma neppure in macchina. La moto per me non è quello, è più andare al limite in pista. Intorno a casa mi piace fare qualche giro, dritto in autostrada no, mi fa paura. Un posto dove andare? Direi New York, ci sono stato solo una volta e mi piacerebbe vederla meglio».

Jorge Lorenzo in tuta Ducati che effetto le fa?
«Nessun effetto, ma sono curioso di vedere come andrà. Vedere se sarà, e quanto, competitivo, sarà una delle belle cose di quest’anno».
Per Claudio Domenicali, a.d. Ducati, se andrà meglio di lei sarà imbarazzante.
Risata fragorosa. «Sì, l’ho letto. Non so cosa commentare…».

Vinales invece è… ?
«Una bella bega. Speravo che fosse un po’ peggio di Lorenzo, invece è andato subito fortissimo e ora spero non sia meglio».
Rischia di perderci nel cambio?
«Eh, non lo so, Vinales è più giovane, una generazione anche dopo Lorenzo. Grandissimo pilota Jorge, spero Maverick non sia ancora più forte».
Quando arriverà il momento di dire basta, sarà perché lo deciderà lei, non ottenendo più certi risultati, o perché un pilota la costringerà a fermarsi?
«Ho avuto avversari fortissimi in carriera e non mi ha mai fatto smettere nessuno, quindi… penso che non succederà ora. O almeno lo spero. Dipenderà dai risultati».
Capirossi è in Direzione gara.
«Buona scelta. È un pilota con tanta esperienza e avrà un ruolo importante. È in grado di fare questa cosa».

È un percorso che potrebbe seguire anche lei?
«Ho imparato che non bisogna mai dire mai. Adesso direi di no. È interessante, ma preferisco l’idea di lavorare col mio team e fare correre i giovani».
In Italia è un tutto contro tutti, l’Europa sta andando allo sfascio, Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti… Non le fa un po’ paura questo mondo?
«Beh, bisogna sempre provare a guardare dove viviamo e soprattutto dove andremo. La situazione è abbastanza preoccupante, sì, speriamo si riesca almeno a sopravvivere».