Sei Nazioni, dopo la prima Giornata

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Sei Nazioni Rugby Franco Smith

La Scozia di uno strepitoso Stuart Hogg fa esplodere Murrayfield, mentre l’Inghilterra difende soffrendo il suo Grand Slam piegando una bella Francia. Per l’Italia, un tempo ben giocato prima del crollo.

 

 

Jim Telfer, storico allenatore della Tartan Army, disse: “Difendere i colori del proprio Paese è il massimo della vita, ma quando si indossa la maglia della Scozia, bisogna sapere che la si ha solo in prestito”. Di estremi di valore mondiale, la selezione col cardo cucito al petto ne ha avuti, alcuni da Hall of Fame del gioco, come Gavin Hastings e Andy Irvine. Stuart Hogg, “prendendo in prestito” la loro maglia, sta perpetuando questa grande tradizione, confermando all’esordio stagionale di questo Sei Nazioni di attraversare uno straordinario momento di forma. Come del resto tutto il movimento delle Highlands, con ben due club nei quarti di finale di Champions Cup. Contro l’Irlanda, forte di un pacchetto di mischia fra i primi tre a livello mondiale, la Scozia ha giocato un primo tempo sontuoso, giocando d’anticipo e costringendo Best e compagni a rinculare, perdendo irrimediabilmente terreno. Russell, apertura del Glasgow, era atteso ad una prova di livello, e, seppur a intermittenza, ha mantenuto le attese. Le tre mete scozzesi sono frutto della grande capacita dei “blues” di attaccare gli spazi anche in fase di possesso avversario, sfruttando la non brillante prova di Paddy Jackson nel primo tempo. Hogg, con una doppietta, ha marchiato pesantemente il suo primo tempo, incanalando la partita su binari favorevoli ai suoi. Nella ripresa, la forza fisica superiore degli irlandesi è uscita prepotentemente, e facendo leva sull’avanzamento costante dei suoi avanti (CJ Stander su tutti), oltre su una maggiore pulizia nell’impostazione di Jackson, la squadra di Schmidt è riuscita addirittura a portarsi in vantaggio. C’è voluto un Laidlaw perfetto al piede, sfruttando una mischia scozzese che ne aveva di più nei minuti finali della partita, per capovolgere la situazione, facendo scoppiare il delirio a Murrayfield. Per Vern Cotter un segnale importante.

Esce bene dal campo la Francia di Novès, che perde contro un Inghilterra molto più “abrasiva” nel tipo di gioco espresso. I “Bleus” giocano splendidamente alla mano, l’Inghilterra fa valere il suo pack, guadagnando metri e giocando un rugby più fisico. Ma sul piano della manovra i campioni in carica, reduci da 14 vittorie di fila, hanno stentato e parecchio. Eddie Jones, il coach inglese, ha tirato un sospiro di sollievo, ma ci vorrà un altra Inghilterra già dal prossimo impegno contro il Galles. L’ assenza dei due Vunipola e un Itoje al di sotto del suo standard hanno influito e non poco. La Francia, con un pacchetto di mischia che ha saputo tenere testa agli inglesi, e un triangolo allargato che ha a tratti ha dato spettacolo, con le splendide aperture di Lopez per Vatakawa e Nakaitaci. Il probabile esordio di La Croix, protagonista con LaRochelle in Top 14, potrebbe far aumentare il tassametro dello spettacolo offerto. A Saint Denis contro la Scozia sarà una grande occasione per un ulteriore salto di qualità.

E l’Italia? Agli azzurri resta il ricordo di un primo tempo ben giocato, con la sublimazione della prima meta dell’incontro. Purtroppo nella ripresa gli azzurri hanno perso la maniglia del match, risultando spesso fallosi e favorendo il ritorno di un Galles non brillante ma mantenuto in partita da un’Italia ancora immatura. Se nel primo tempo fisicamente abbiamo retto, nella ripresa siamo crollati quando avremmo potuto chiuderla. Il Galles, contro l’Inghilterra al Millennium, dovrà giocare un rugby migliore, dato che la squadra di Jones non commetterà i nostri stessi errori. O’Shea ha detto bene a fine gara, rimarcando il fatto di non aver giocato con la stessa intensità a causa di un black out mentale, che poi ha influito anche nel nostro modo di approcciare la ripresa. Contro un’Irlanda ferita, ci vorranno 80 minuti all’altezza.