Italia, non è colpa di Mancini

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Mancini
Roberto Mancini - ph: Leonard Berisha/KeyPress

Italia, servono talenti. Non diamo colpe a Mancini

E allora dagli a Roberto Mancini che è raccomandato, presuntuoso, perdente, fighetta e chi più ne ha più ne metta. Non ha i superpoteri, Mancini: mannaggia a lui che non ha ancora imparato a trasformare acqua in vino o Berardi in Bobo Vieri.

La panchina – quella azzurra in particolar modo – porta con sé orde di critiche da parte di commissari tecnici da divano e salotto e questo è normale, anzi legittimo, ma l’errore più grave sarebbe cadere nel complesso italiano del “supereroe”. Di che si tratta? Molto semplice: in Italia e non solo nel calcio quando siamo nella merda ci piace sempre pensare al supereroe che arriva, fa miracoli e ci tira fuori dai guai. Il fascino del supereroe è molto più accattivante del classico tavolo noioso intorno a cui si siedono una serie di persone noiose che provano a capire in modo noioso dove sia il problema per poi ipotizzare in modo noiosissimo progetti e soluzioni ragionate. Il supereroe non chiede mai pazienza e l’italiano ci casca come una pera.

No, Roberto Mancini non è un supereroe. Più semplicemente, dopo Ancelotti che ha preferito fare altro, è il profilo con le spalle più larghe in un momento in cui la Nazionale ha bisogno di tornare ad essere credibile. E’ notoriamente bravo con i giovani, non fa storicamente giocare le sue squadre in modo divino, talvolta è permaloso, non è il massimo della simpatia. Pregi e difetti ben conosciuti che nulla tolgono ad un uomo di calcio che comunque qualcosa tra Italia ed Europa nella sua carriera da allenatore ha fatto vedere e qualcosa ha vinto.

Il problema oggi non è Mancini, bensì un movimento calcio in crisi depressiva cronica. Non è una novità e il paragone con l’Italia di Antonio Conte che ha ben figurato agli Europei 2016 è fuorviante: nonostante i fasti degli anni ’90 e del 2006 fossero lontanissimi, in quella squadra c’era tutta la difesa di una Juve che frequentava le finali di Champions League. Perfino il buon Giaccherini veniva da quella squadra e con il Ct si intendeva alla perfezione.

Nulla da togliere ai meriti di Conte che fu bravissimo nella sua specialità, ovvero caricare il gruppo a pallettoni, ma questo è davvero l’anno zero in cui più che supereroi servono idee. Sì, idee prima di fenomeni in campo, perché può sembrare strano e noioso ma i fenomeni che ti fanno vincere i Mondiali arrivano se c’è qualche buona idea sul tavolo e nelle stanze in cui si prova a immaginare il prossimo decennio del calcio italiano. Anche perché l’oratorio, la strada eccetera eccetera in Italia sembrano non esistere più: sarà pure stupida analisi sociologica ma alla fine sono l’oratorio, la strada e magari la fame a creare ragazzi di vent’anni in grado di spaccare il mondo con il pallone tra i piedi.

Mancini può certamente dire che in Italia i giovani italiani giocano poco ma potrebbe spiegarci anche perché i top club europei non provano a prendere a suon di milioni i talenti nostrani. Belotti e Zaza giocano nel Torino con tutto il rispetto per il Torino, Berardi nel Sassuolo con tutto il rispetto per il Sassuolo. Bernardeschi alla Juve gioca e non gioca, Gagliardini all’Inter è in preoccupante fase involutiva. Cristante è appena arrivato alla Roma e vedremo, stessa cosa per Caldara al Milan dove Romagnoli in tre anni non ha ancora fatto un salto di qualità significativo. Immobile all’estero ci ha provato ma non ha sfondato, mentre Balotelli è un caso a parte. Tutti profili, chi più chi meno, in cui si vede qualche spunto interessante ma si contano anche ombre, limiti, tanti dubbi.

Non citiamo il lungo elenco di campioni che hanno vestito l’azzurro fino a qualche annetto fa altrimenti rischieremmo di abbatterci eccessivamente, ma il divario è clamoroso e va oltre qualsiasi supereroismo di qualsiasi possibile Commissario Tecnico. Nemmeno il panico, ovviamente, servirà a qualcosa: è il momento di capire che la dimensione della Nazionale italiana è cambiata e un futuro di successi potrebbe arrivare solo con idee e pazienza. Perché se in porta ci fosse Buffon, in difesa Nesta e Cannavaro, a centrocampo Pirlo e Gattuso in attacco Totti e Vieri, in panchina potremmo davvero bastare tutti noi Ct da divano e salotto.