Lazio, 46 anni fa il primo storico scudetto della storia biancoceleste

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Era il 12 maggio del 1974, la Lazio di mister Maestrelli guidata da Giorgio Chinaglia si laureò campione d’Italia nel match contro il Foggia davanti ad un Olimpico gremito

Certe emozioni rimangono nel cuore e nella mente e non escono più. Nemmeno l’inesorabile passare del tempo può scalfire il ricordo di quei momenti indelebili, di quella Lazio che dopo 74 anni di storia riuscì finalmente a guardare il resto dell’Italia dall’alto verso il basso.

Coloro che hanno avuto il privilegio di vivere quegli attimi, li hanno tramandati nel tempo, di padre in figlio, per non disperdere un prezioso patrimonio di un’epoca calcistica che nessuno mai ci darà indietro. Il calcio delle radioline, dei panini con la frittata allo stadio, dell’attesa snervante prima del fischio d’inizio.

Lazio-Foggia: l’attesa biancoceleste

È il 12 maggio del 1974, il grande giorno è arrivato. Dopo una cavalcata trionfale e il brutto ricordo dello scudetto perso all’ultima giornata nella stagione precedente, la Lazio ha a disposizione il primo match point scudetto nel match casalingo contro il Foggia a caccia di punti salvezza. La vittoria significa mettere le mani sul primo grande titolo della storia, dopo la Coppa Italia sollevata al cielo nel 1958.

La squadra, nonostante le scissioni interne e le personalità non proprio idilliache dei suoi elementi fondamentali, è riuscita ad emergere grazie alla saggia e ponderata guida di Tommaso Maestrelli. Di fatto è grazie a lui se i vari Chinaglia, Oddi, Wilson, Re Cecconi, Martini, Petrelli e D’Amico hanno dato il massimo in campo mettendo da parte gli asti e gli screzi che hanno caratterizzato gli animati allenamenti sul campo di Tor di Quinto.

Tornando alla partita, tutta la parte biancoceleste della città Eterna non vede l’ora di assistere alla contesa, tanto che la maggior parte dei tifosi inizia a radunarsi fuori allo stadio già nelle prime ore del mattino. Il calcio d’inizio del signor Panzino di Catanzaro è fissato per le ore 16:00, ma da molte ore prima l’impianto capitolino è strapieno in ogni ordine di posto. Chi non aveva il biglietto opta per metodi alternativi, ma l’idea di non esserci proprio non viene presa in considerazione. L’evento aveva attirato laziali da ogni parte del mondo, anche in Canada e in Australia ci si era informati per poter acquistare un ticket. Il conteggio finale recitava 60494 paganti e 18315 abbonati a cui si sono aggiunti un bel numero di “furbetti” giustificati. Mai prima e mai dopo l’Olimpico ha registrato numeri così altisonanti. Un record difficilmente battibile vista la dimensione del calcio moderno.

Lazio-Foggia: la partita

Al consueto giro di campo del presidente Lenzini fa seguito l’ingresso delle squadre sul prato verde. I calciatori biancocelesti carichi della pressione del pubblico non hanno un buon approccio alla gara e il Foggia desideroso di giocarsi le sue chance di permanenza in Serie A tenta di approfittarne. Pavone impensierisce Pulici con un colpo di testa non eccessivamente pericoloso. Poi è il turno di Chinaglia, che da buon narcisista qual è, vuole mettere la sua firma nel match più importante. Il primo tempo si conclude senza sussulti particolari, la posta in palio è altissima per entrambe, le gambe tremano e la mancanza di lucidità fa il resto.

Al ritorno in campo il canovaccio tattico è praticamente il medesimo (a cui si aggiunge l’infortunio di Petrelli), le rassicurazioni di Maestrelli non avevano sortito gli effetti sperati. La Lazio ci prova più di nervi che di gioco e, quando è così, solo un episodio può cambiare il corso della gara; in questo caso della storia. Traversone di Garlaschelli, tocco di mano di Scorsa: calcio di rigore. Chinaglia dal dischetto tira “ciabattata” ma riesce a spiazzare Trentini e far esplodere di gioia l’Olimpico. Il centravanti laziale corre immediatamente ad abbracciare il suo mentore Tommaso Maestrelli, l’unico in grado di capirlo davvero. Un’istantanea che diventerà una delle memorie indelebili della storia laziale. Nel finale viene espulso Garlaschelli per una reazione ad un fallo subito. La gente scalpita, freme e conta i minuti che separano la squadra dal trionfo. Una foga che gioca un brutto scherzo quando il fischio di un calcio di punizione viene interpretato come quella della chiusura del match. Per fortuna, l’immediata invasione di campo viene sedata istantaneamente e pochi minuti dopo, alle 17:45 l’arbitro Panzino decreta la fine del match. La Lazio è campione di Italia per la prima volta nella sua storia.