Mondiali 2006: Calciopoli e il segreto che compattò il gruppo azzurro di Lippi

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Correva il mese di maggio del 2006: un mese caldo, non solo per le alte temperature, ma anche perché la Nazionale deve affrontare il primo raduno a Coverciano. Manca tanto al Mondiale, ma c’è una questione che sta per esplodere come una vera e propria bomba ad orologeria. Il commissariamento della Federcalcio, l’inchiesta di Calciopoli che riguarda soprattutto la Juventus e la Triade, il tambureggiante tam-tam a livello mediatico.

Le correnti di pensiero sono le più disparate: c’è chi vuole la testa del ct Lippi per il coinvolgimento, da cui poi verrà assolto, del figlio Davide all’interno dello scandalo Gea, ma c’è anche chi chiede a gran voce di far fuori il capitano, Fabio Cannavaro, troppo vicino alla figura di Moggi, ma anche Gigi Buffon, coinvolto in una vicenda di scommesse sportive.

Calciopoli, critiche, accuse: un gruppo più forte di tutto

Lippi arriva veramente ad un soffio dal farsi condizionare da tutte quelle voci quando, disgustato, vuole farsi da parte, come racconta anche Simone Perrotta in una recente intervista rilasciata a L’insider. Eppure, da un lato, la vicinanza della moglie Simonetta e, dall’altro, la difesa di Guido Rossi, il nuovo commissario federale, fanno cambiare all’idea al tecnico viareggino, che decide comunque di lasciare la panchina azzurra alla fine dell’avventura mondiale.

Il gruppo si stringe intorno a Lippi e il commissario tecnico difende il gruppo ringhiando contro la stampa: la compattezza trascina l’Italia, che si qualifica nel girone eliminatorio battendo il Ghana e la Repubblica Ceca e pareggiando contro gli Usa. Poi, l’Australia, battuta solo con un rigore in pieno recupero. Ai quarti c’è l’Ucraina che, però, non spaventa nemmeno un po’ gli azzurri, che chiudono il match con un sontuoso e netto 3-0.

Arrivano le semifinali, ma alla vigilia, Lippi deve gestire un altro problema, che aggiunge pesantezza a livello mentale a quello che era già successo il primo giorno del ritiro. Ovvero, il procuratore federale Palazzi ha chiesto di retrocedere in Serie C la Juventus e in Serie B la Fiorentina, il Milan e la Lazio. Quando ci sono di mezzo i corsi e ricorsi storici, però, anche tutte queste ansie scompaiono. Al Westfalenstadion la Germania non ha mai perso da trent’anni a quella parte, ma gli italiani emigrati in terra tedesca chiedono agli azzurri di compiere l’impresa, come simbolo di riscatto anche sociale. La possibilità dei supplementari come a Messico ’70 che si tramuta in realtà, e che probabilmente aveva guidato diversi appassionati di scommesse calcio a puntare sull’impresa degli azzurri, ed ecco che in tanti vedono già all’orizzonte lo spettro dei rigori.

Eppure, quel sentimento di unità, ma anche di resilienza che aveva prima compattato il gruppo alla vigilia del Mondiale e poi ispirato il percorso verso quella semifinale, hanno fatto la differenza. La scelta di schierare quattro attaccanti nei supplementari, con Iaquinta, Gilardino, Del Piero e Totti lascia di stucco tutti, ma non chi ideò questa mossa. Lippi sapeva che, in quel momento, il centrocampo era saltato e si giocava ormai solo in attacco. Il resto è storia: il sinistro imparabile di Grosso che trafigge Lehmann e il contropiede d’altri tempi finalizzato da Del Piero con uno dei suoi tiri a giro. La gioia e il pianto irrefrenabili di tanti italiani emigrati in Germania, dà l’idea che quella sera, a trascinare gli azzurri, c’era sicuramente la rabbia per la vicenda di Calciopoli e per gli attacchi gratuiti e poco onesti a tanti protagonisti della Nazionale, ma anche il sentimento di un popolo intero che desiderava ardentemente di togliersi quella soddisfazione.

Un percorso emozionante, che non si poteva che concludere in un modo tanto drammatico quanto esaltante contro la Francia, con l’1-1 dopo 120’, la testata (con relativa espulsione) di Zidane a Materazzi, e la lotteria dei calci di rigore, che premiò l’Italia e le intuizioni di Lippi, che scelse Grosso come quinto rigorista.

Perrotta, una delle scelte più sottovalutate di Lippi

Uno dei meriti di Lippi fu quello di aver convocato i giocatori che riteneva più funzionali anche a creare un gruppo compatto e coeso, senza farsi condizionare da voci e richieste esterne. E un nome che fece storcere il naso a tanti in sede di convocazione fu quello di Simone Perrotta, salvo poi doversi ricredere dopo un Mondiale giocato senza risparmiare una goccia di sudore, facendo emergere tutta la sua duttilità. Ed è proprio Perrotta ad aver rivelato, di recente, come la vicenda Calciopoli avesse fortificato sicuramente il gruppo, dando uno spirito ancora più forte, caricando l’orgoglio a mille già prima della partenza per la Germania.