Il primo Novecento visto dallo sport, un viaggio attraverso le figure più significative della fase iniziale del secolo scorso, in una serie di storie dominate dal coraggio, dall’amore e dalla voglia di emergere partendo da situazioni di svantaggio. Tra le braccia dello sport (Edizioni Mare Verticale, 2024), libro scritto dall’autore campano Gianluigi D’Ambrosio, ci porta dentro le vicende umane di uomini e donne che hanno lasciato una traccia indelebile nel mondo attraverso gesta sportive diventate iconiche. Le storie, narrate minuziosamente attraverso una serie di aneddoti, entrano nel profondo, specchiandosi dolorosamente nella contemporaneità, mostrata nella nuda crudezza di una serie di ferite mai rimarginate. La povertà, la lotta alla discriminazione, e la serie di diritti umani che ancora oggi nutrono il dibattito pubblico, sono parti fondamentali delle storie di buona parte dei personaggi trattati. D’Ambrosio ci porta dentro la fase sportiva più complessa, quella tra le due guerre e arrivando sino agli anni ’50, mostrandoci le facce che hanno cambiato il mondo attraverso il sacrificio e la fatica.
Da diversi anni Gianluigi D’Ambrosio cura il racconto dello sportivo in chiave letteraria attraverso Inchiostro Sportivo, un progetto social a più strati che tratta le diverse discipline: dal calcio all’atletica, passando per il tennis, il nuoto, la box e tanto altro. L’autore ci ha raccontato quali sono stati gli aspetti più importanti che lo hanno condotto alla ricerca e alla scrittura del suo Tra le braccia dello sport.
Ridare luce a storie poche conosciute: la missione di Gianluigi D’Ambrosio
Come nasce l’idea di voler scrivere di questa serie di figure del mondo dello sport?
“Tutto parte dalla curiosità nel ricercare il perché di ogni evento, facendo caso ai dettagli nel corso delle avventure sportive. Particolari con un potere magico, e da non sottovalutare, in grado di cambiare il corso degli eventi, impattando in modo gigantesco nel quotidiano delle generazioni successive. Pensando per esempio a Gertrude Ederle, la prima donna ad aver attraversato il Canale della Manica a nuoto, mi vengono in mente tutti i suoi sforzi, e quanta forza sia riuscita a trasmettere alle donne dell’epoca, portandole ad avere fiducia nei loro sogni. Sogni troppe volte frantumati sul nascere, ricomposti e donati per mezzo di queste divinità dello sport, proprio grazie alle loro imprese. Sono storie poco conosciute a cui ho voluto dar luce, anche attraverso un grande senso di rispetto per i loro vissuti. Tramandare è il verbo che tiene in vita il sudore versato, i successi raggiunti, quelle sconfitte tramutate in grandi imprese. Racconti lontani dalle nostre epoche, ma solo a livello temporale. Basti pensare ad Althea Gibson, la prima tennista di colore ad aver vinto Wimbledon. Pensando a lei ci colleghiamo quindi al razzismo, e a tutti gli episodi ai quali assistiamo ancora oggi. Messaggi forti che richiedono quindi un ossigeno speciale, e non ammettono superficialità.
Quale di queste hai sentito più vicina a te?
“Sarà che amo da sempre il marchio Lacoste, ma scelgo René Lacoste, un glorioso tennista e innovatore, nonché fondatore dell’azienda che tutti conoscono. Chissà quanti conoscono realmente la sua storia e cosa si nasconde dietro il coccodrillo più famoso al mondo”.




