Muoversi non è un vezzo né un capriccio infantile, ma un diritto biologico e sociale, nonché un indicatore fondamentale di salute e benessere. Le linee guida internazionali, tra cui quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stabiliscono che i bambini e gli adolescenti tra i 5 e i 17 anni devono praticare almeno 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata o vigorosa, e che almeno tre volte a settimana siano inclusi esercizi volti a rafforzare muscoli e ossa. Non si tratta di un consiglio gentile: è la scienza che parla, e la scienza non ammette eccezioni.
I benefici dell’attività fisica sono innumerevoli: migliora la salute cardiovascolare, il metabolismo, la densità ossea, lo sviluppo muscolare, l’equilibrio e la coordinazione, stimola buonumore, attenzione e memoria, e contribuisce a prevenire obesità e malattie croniche. In poche parole, muoversi non è solo esercizio fisico: è un investimento sulla vita dei bambini. Ridurre il movimento a pochi minuti di facciata significa privare i bambini di forza, energia e concentrazione: una vera condanna mascherata da lezione.
L’Italia ha recepito le indicazioni OMS: il Ministero della Salute e le Regioni hanno approvato linee di indirizzo sull’attività fisica per tutte le fasce d’età, e la legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021) ha introdotto l’educazione motoria obbligatoria nella scuola primaria, affidata a docenti qualificati. Tuttavia, le scuole sembrano vivere in un universo parallelo, dove il movimento è considerato pericoloso quanto il fuoco. La ricreazione, quel prezioso intervallo di libertà, viene trasformata in un momento di immobilità totale: i bambini restano seduti al banco, senza nemmeno uscire dalla classe, come se l’atto di camminare verso il cortile fosse un gesto rivoluzionario. Anche le ore di educazione motoria, quando ci sono, si riducono spesso a esercizi simbolici: un salto, un girotondo e poi tutti di nuovo seduti, come se il corpo fosse un ospite indesiderato nella stanza della mente.
Non si tratta di chiedere ai bambini di diventare atleti professionisti. La raccomandazione di includere almeno tre sessioni settimanali di potenziamento muscolare è semplice, fattibile e fondamentale. Gli esercizi di potenziamento non sono torture ginniche, ma giochi strutturati che stimolano forza, equilibrio e postura. Senza di essi, l’educazione fisica rimane un’etichetta vuota, un gesto formale da apporre sul registro, mentre i bambini crescono in sedentarietà, come piccoli criceti nelle loro ruote immaginarie.
Negare al corpo la sua naturale necessità di muoversi significa tradire la scienza e il senso stesso della scuola. Trasformare la ricreazione in un’assemblea di statue e l’ora motoria in un rituale simbolico è un paradosso degno di nota: la scuola dovrebbe essere il luogo dove sapere e corpo si incontrano, non un palcoscenico dove il movimento è percepito come una minaccia all’ordine pubblico. L’Italia ha recepito le indicazioni, ma le scuole? Sembra quasi che ignorare il movimento sia diventata un’arte, raffinata, lenta e silenziosa, come una disciplina monastica dell’immobilità.




