Mancini e il ritorno dell’Inter

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Mancini

Come sempre, è nel mezzo che bisogna frugare per riuscire ad analizzare lucidamente. Gli estremi, di solito, sono ingannevoli. Tra l’Inter che ha vinto il derby e conduce il campionato a punteggio pieno soltanto perché è fortunata e l’Inter che ha già ipotecato lo scudetto – per capirci – c’è una vasta terra di mezzo costellata di motivi, ragioni, elementi concreti che possono spiegare la metamorfosi dei nerazzurri rispetto alle disastrose stagioni del recente passato. Il derby, in questo senso, è stato un ottimo banco di prova e valutazione. Ha vinto l’Inter, avrebbe potuto vincere il Milan. Ma non è questo il punto.L’Inter, oggi, è ancora un cantiere che però presenta basi apparentemente solide. Basi, appunto, che non bastano per vincere ma sono necessarie per provarci. Non si può non partire da Kondogbia, per spiegare come il vero derby l’Inter l’abbia vinto in estate, non durante le amichevoli estive bensì a Montecarlo, quando Ausilio e Fassone hanno strappato il gigante francese alla concorrenza proprio del Milan. Ecco, lo stesso derby di ieri sera con Kondogbia in rossonero, probabilmente, sarebbe stata un’altra partita. Il giovane francese ha commesso qualche errore, certo, ma è significativo il fatto che abbia dato il meglio di sé nel momento di maggior difficoltà dell’Inter: sono questi i particolari che fanno di un giocatore un leader.

I nerazzurri, nell’ultima mezz’ora, hanno pensato solo a difendere in un modo che se lo facesse Trapattoni si griderebbe allo scandalo. Ma è significativo che nell’ultima mezz’ora il Milan si sia reso pericoloso più che altro con conclusioni dalla distanza: tradotto, quando difende l’Inter è una squadra compatta come non si vedeva da tempo. Vincere aiuta, ovviamente, ed è così che oggi Roberto Mancini sorride dall’alto di scelte al momento vincenti. Felipe Melo, per esempio, non è un fenomeno ma nel derby ha dimostrato di saper giocare a certi livelli e in determinati contesti. Murillo è il classico marcatore sudamericano, veloce, aggressivo, di quei difensori che attaccano sempre l’attaccante. Perfino Medel, adattato difensore, non è franato seppur messo molto in difficoltà dalla qualità di Luiz Adriano e Bacca. Jovetic stesso, incostante negli anni di Manchester, pare rigenerato e pronto per prendere in mano l’attacco di una squadra come l’Inter.

Da Perisic, invece, ci si aspettava qualcosina in più sotto l’aspetto del coraggio di tentare la giocata, ma è folle giudicare un giocatore dopo mezza partita. Per tutto questo, l’Inter non è da scudetto alla luce dei 9 punti in 3 partite, ma è da scudetto per il modo in cui questa squadra è stata costruita. Mancini ha avuto tutto ciò che ha richiesto: fortunato, dice qualcuno, coraggioso, dicono altri, perché troppe dopo questo mercato il Mancio non avrebbe alcun alibi di fronte a eventuali fallimenti. Guardando altrove, inoltre, la Juventus si riprenderà sicuramente ma potrebbe non essere la solita armata invincibile ammirata negli anni scorsi. Il Milan ha giocato un bel derby ma sembra un pochino indietro rispetto all’Inter, il Napoli fatica ad assimilare i dettami di Sarri. La Roma va forte, ma insomma la concorrenza non sembra essere allucinante. Anche per questo, l’Inter può e deve crederci.