C’era una volta il dodicesimo uomo

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GLI STADI SEMPRE PIU’ COME SALOTTI, I TIFOSI SEMPRE PIU’ COME CLIENTI. MA IL CALCIO NON CI STA RIMETTENDO L’ANIMA?

Come dimenticarsi di Brighton, dell’Heysel fino alla carneficina di Hillsborough? Poi la “Iron Lady” Margareth Thatcher, non certo un’appassionata di calcio, ha dato il La alla rivoluzione. Necessaria ovviamente, ma che ha prodotto anche qualche deriva discutibile.
Col “Taylor Act” di fatto è nata la Premier che tutti conosciamo, con stadi moderni, comodi e funzionali. Uno spot meraviglioso per un Paese, l’Inghilterra, funestato fin troppo dalle orde di barbari che rendevano irrespirabile l’aria dei suoi stadi.

Ma quei presepi viventi dietro le porte, senza quell’effetto-onda che caratterizzava il respiro delle gradinate, non possono che risultare un po’ troppo freddi per chi, come tanti tifosi, vede il calcio come una manifestazione della creatività dell’uomo. E non ci riferiamo solo ai massimi interpreti del gioco, ma anche di quelle frange sane di tifosi che si identificano con amore e col sorriso nei colori della propria squadra. In chi pratica questa forma di paganesimo distaccandosi dai fondamentalismi. In chi ama ritornare bambino.

In Germania l’hanno capito, tant’è che a Dortmund ad esempio hanno riservato un cospicuo settore solo per chi ama cantare e saltare a ritmo di musica. D’altronde, il Westfahlenstadion vanta la più grande gradinata d’Europa, e nonostante tutto l’ordine regna sovrano, unito alla straordinaria capacità dei tifosi gialloneri di creare coreografie sempre straordinarie.

In Italia invece hanno privato le curve di gran parte dei suoi colori e le coreografie di un tempo, di stampo sudamericano, sono un pallido ricordo. E quello che più rattrista è che certe delibere sono sostenute da armate di colletti bianchi che, o non hanno mai messo piede in una curva, o identificano il tifoso, l’ultrà esclusivamente con gli atti violenti che purtroppo fanno parte del carnet del nostro calcio.

Eppure, dinanzi a tanta malainformazione, ci si dimentica come in certe curve siano sorti movimenti sociali di una certa rilevanza, iniziative benefiche e via discorrrendo. Vi è una cultura, o una sottocultura, che andrebbe studiata prima che stigmatizzata da chi, non lo escludiamo, vomita improperi seduto sulle calde poltroncine di qualche tribuna VIP, dove gli “Indignados” guardano con spocchia al popolino.

Per fortuna esistono eventi, come il derby di Genova, dove il colore, la passione e la correttezza la fanno da padroni. E risulta, da chi non guarda il calcio con occhio esclusivamente metropolitano, uno degli spot migliori del nostro calcio.