I Thunder fanno la storia: primo titolo NBA. Onore e gloria ai Pacers che sfiorano il miracolo

Oklahoma City sul trono NBA, Indiana sfiora la leggenda

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Thunder campioni NBA. Indiana, lacrime da eroi

La notte in cui Oklahoma City ha toccato il cielo con un dito è anche la notte in cui Indiana ha mostrato a tutti cos’è la nobiltà di una sconfitta. I Thunder sono i campioni NBA 2025, al termine di una serie intensa, vibrante, imprevedibile, dove il talento giovane e la coesione di squadra hanno prevalso. Ma nella storia di queste Finals, accanto all’oro lucidissimo dei vincitori, brilla anche l’argento fierissimo dei Pacers, capaci di arrivare là dove nessuno osava nemmeno immaginare.

OKC è il simbolo di una rivoluzione riuscita. La squadra più giovane della lega ha chiuso la regular season con 68 vittorie, dominando a Ovest con leggerezza e ferocia. Shai Gilgeous-Alexander è diventato una supernova, ma attorno a lui ogni ingranaggio ha girato alla perfezione: Jalen Williams come attaccante totale, Holmgren come intimidatore silenzioso, Caruso e Dort una sicurezza nella propria metà campo.

Dopo aver superato i Grizzlies, poi i Nuggets e infine i Minnesota Timberwolves in finale di Conference, hanno completato il percorso battendo Indiana 4-3, spegnendo ogni dubbio sulla loro maturità. Non era una favola, ma una costruzione meticolosa, lenta, ostinata, guidata da una dirigenza visionaria e da un coach, Mark Daigneault, capace di dare un’identità fortissima a un gruppo senza superstar dichiarate.

Ma se i Thunder hanno scritto la storia, i Pacers l’hanno resa indimenticabile. Partiti dal quarto posto a Est, hanno ribaltato ogni pronostico, eliminando Milwaukee, la corazzata dei Cavaliers e infine i Knicks. Non erano tra le favorite, né a inizio stagione né alla vigilia dei playoff. Solo strada facendo, e soprattutto durante la corsa di primavera, Indiana è diventata una squadra vera agli occhi di tutti. Il punto di svolta è arrivato nella semifinale di Conference, vinta con autorità contro Cleveland, la squadra che insieme a Boston sembrava avere le chiavi dell’Est. Quel 4-1 ha cambiato la percezione, dentro e fuori dal parquet.

Da lì, la squadra di Carlisle ha cominciato a credere davvero di potercela fare. La chiave del successo è stata la fase offensiva, guidata da un sempre lucido Tyrese Haliburton, dalle cui mani è passato ogni possesso dei gialloblù, fino a 4′ 55″ dalla fine del primo quarto di gara-7, in cui gli dèi del basket hanno deciso di indirizzare la sfida sui binari giusti per OKC, costringendo la PG dei Pacers a lasciare il campo per la rottura del tendine di Achille destro, stroncando l’entusiasmo della squadra di Indianapolis e le speranze di poter mettere le mani sul trofeo più ambito al mondo.

Eppure, sarebbe sbagliato leggere questa sconfitta come una caduta. I Pacers hanno mostrato orgoglio, intelligenza, cuore. Siakam ha ricordato al mondo di essere un campione, McConnell ha combattuto con il fuoco negli occhi, Turner ha lottato come non mai sotto i tabelloni. Rick Carlisle ha tirato fuori da questo gruppo il meglio, e anche di più. Indiana ha perso il titolo, ma ha vinto qualcosa di forse ancora più raro: il rispetto unanime, la consapevolezza di essere arrivata.

Queste Finals non sono state solo un punto d’arrivo. Sono la fotografia perfetta di una NBA in mutazione: giovane, veloce, collettiva. Oklahoma City ha alzato il trofeo. Ma nella memoria di tutti resteranno anche i Pacers, che si sono inginocchiati, sì, ma solo per guardare più da vicino le stelle.