Football Legend: Bruno Conti

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Conti Bruno

Il baseball è uno sport che negli States vale come in Italia il gioco del calcio. Qua da noi però le mazze e le palline hanno poco seguito in quanto sono diffuse in poche città e a macchia di leopardo, dove però ci sono realtà consolidate apprezzate anche a livello europeo. Una di queste città è Nettuno, 50 mila abitanti con vista mar Tirreno. Qui, a 70 chilometri a sud di Roma, il baseball è seguito da sempre più del calcio, tanto che la locale squadra, il Nettuno Baseball Club, è la squadra più titolata del Paese, con diciassette titoli nazionali, ha vinto ben sei Coppe dei Campioni ed è una delle più quotate a livello continentale.

BRUNO CONTI, DAL BASEBALL AL CALCIO

Nettuno è conosciuta anche per aver dato i natali ad un calciatore che…poteva fare il giocatore di baseball: Bruno Conti. Eh sì, proprio il Bruno Conti mundial in Spagna e core della Roma scudettata doveva intraprendere una fulgida carriera non solo nella locale squadra di baseball, ma anche in America. Ed invece Conti si diede al calcio diventando un mito non solo per la Roma, ma anche per il calcio nazionale.

16 ANNI IN GIALLOROSSO

Ala sinistra pura, Conti, oltre ad essere un tifoso della Roma, nella Roma vi giocò per sedici stagioni debuttando in massima serie a diciotto anni contro il Torino il 10 febbraio 1974, ella stagione in cui la Lazio vinse il suo primo scudetto. Lo fece debuttare in massima serie Nils Liedholm. Il “barone” in quell’ala sinistra piccola ma coriacea vedeva del talento, ma per lui non c’era spazio e per questo motivo giocò due stagioni (non consecutive) in Serie B con la maglia del Genoa, dove divenne un calciatore con tutti i crisi e pronto a giocare da titolare con la maglia della squadra per cui tifava da bambino. Dalla stagione 1979/1980 al maggio 1991, 254 presenze ed 33 reti in campionato con ben cinque Coppe Italia alzate al cielo (primatista ancora oggi con una sola maglia) e lo storico scudetto del 1983 che riportò il titolo sull’altra sponda del Tevere dopo ben quarantuno anni di attesa. Era la Roma del “presidentissimo” Dino Viola con ancora Liedholm in panchina ed in campo gente del calibro di Tancredi, di Bartolomei, Pruzzo, Ancelotti, Prohaska ed il “divino” Falcão. La stessa Roma che arrivò l’anno successivo in finale di Coppa dei Campioni, venendo sconfitta dal Liverpool Beffa delle beffe, sconfitta ai rigori proprio sotto la Curva Sud, in quanto la finale si disputò allo stadio “Olimpico”. E Bruno Conti sbagliò il secondo tiro dal dischetto.

A 36 ANNI L’ADDIO AL CALCIO

Conti si ritirò a 36 anni al termine della (sua travagliata) stagione 1990/1991, quella che vide la Roma ancora sconfitta in finale, ancora all’Olimpico, il derby di Coppa Uefa contro l’Inter.

Ma il giorno dopo la finale, il 23 maggio, ci fu la grande festa di addio al calcio giocato di uno dei simboli della Roma.

CAMPIONE DEL MONDO ’82

La pagina più importante della vita (calcistica) di Bruno Conti è stata scritta al Campionato del Mondo di calcio di Spagna 1982. Il Mondo non solo celebrò il terzo titolo per la Nazionale italiana, ma anche la forza e la grinta di quel numero 7 alto 169 cm autore di prestazioni superbe. E nella finale contro la Germania Ovest del 11 luglio, c’è lo zampino di Conti: si è procurato il rigore poi sbagliato da Cabrini; da un suo movimento è nata l’azione per il 2 a 1 di Tardelli e “Spillo” Altobelli ha chiuso la disputa mettendo in rete la palla servitagli in mezzo dal ragazzo di Nettuno.

Bruno Conti eroe e trascinatore di una Nazionale “distratta” nella fase a gironi, ma che è poi riuscita ad alzare la testa e a battere i quotati tedeschi, dopo aver eliminato nell’ordine il Brasile di Zico e Falcão e l’Argentina di Maradona e Passarella (in una seconda fase a girone), oltre alla Polonia di Boniek e Lato in semifinale.

E la coppa alzata al cielo del “Bernabeu” è stato il coronamento di una carriera mai sopra le righe ma frutto di impegno, determinazione e dedizione al gioco del calcio.

Prese parte anche allo sfortunato Mondiale messicano di quattro anni dopo, giocando le quattro partite disputate dall’Italia.

Dopo il suo ritiro dal calcio ha intrapreso un importante carriera dirigenziale che lo ha portato prima dietro una scrivania come responsabile del settore giovanile romanista e per le ultime dieci giornate di campionato è stato anche allenatore della “Lupa”, subentrando al dimissionario del Neri. Con la Roma ottenne la qualificazione alla Coppa Uefa e la spinse fino alla finale di Coppa Italia dove venne sconfitta (ancora una volta all’Olimpico) dall’Inter. Ad oggi è ancora in società con il ruolo di responsabile del settore giovanile.

Di gente come Bruno Conti il calcio italiano è in astinenza e chissà come sarebbe la Roma di oggi con lui in rosa. Una cosa è certa: fascia sinistra, assist di sinistro e gol di sinistro. Perché il piede destro Conti lo usava solo per camminare.