Tiago Pinto: “Nessuno avrebbe mai immaginato qui Lukaku, Dybala e Mou insieme. Ora sogno la Premier League”

Il gm torna sui motivi dell'addio

20
TIAGO PINTO RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Intervistato dal “The Athletic”, Tiago Pinto, gm della Roma, ha parlato del suo addio in giallorosso e non solo: “Non sono il tipo di persona che cerca di lavorare 15 anni nello stesso posto e di sentirsi a proprio agio”.

Tiago Pinto: “Il mio ciclo alla Roma era finito”

Questo uno stralcio delle sue parole:

Poi continua: “Mi piacciono i rischi. Mi piacciono le sfide. Penso che il ciclo sia vicino alla fine. Non sto parlando del ciclo Roma o del ciclo di Friedkin, ma la missione che avevo era quasi compiuta”. “Personalmente mi sento stanco”, aggiunge correndo il portoghese. “Se sai solo di calcio, non sai niente di calcio”, dice citando una vecchia battuta di Mourinho, prima di aggiungere: “Vent’anni fa un direttore sportivo guardava le partite e ingaggiava giocatori. Ora non è più possibile”.

Sul settore giovanile: “Volevamo selezionare migliori giocatori del settore giovanile e lavorare su di loro come se fossero giocatori della prima squadra. Avrebbero avuto uno psicologo, un nutrizionista, un addestramento speciale. I ragazzi del dipartimento della comunicazione gli avrebbero fornito anche una formazione mediatica. Il tutto per ridurre il gap tra le giovanili e la prima squadra. Nicola Zalewski ed Edoardo Bove facevano parte di quel gruppo”. Sulla rete segnata da Bove in Europa League al Bayer Leverkusen, Tiago Pinto racconta: “Quando ho visto quel gol, per me è stato più o meno la stessa emozione di quando feci firmare Paulo Dybala”.

Sul suo arrivo a Roma: “Noi avevamo più di 70 giocatori sotto contratto. La maggior parte di loro non erano giocatori chiave. Non voglio menzionarli tutti, ma tutti ricordano Pastore, N’Zonzi, Santon. Anche altri giocatori come Bianda, Coric e Alessio Riccardi. Molti di questi giocatori che la Roma aveva sotto contratto avevano ingaggi pesanti e non avevano avuto rendimento in campo”. Ha dovuto dunque iniziare un lavoro da qui: “Pensavo di non poter semplicemente dare la colpa al passato e dire: ‘Tutti questi giocatori non hanno valore. Liberiamocene’. No, dovevo proteggere i beni del club. Quello che cercavamo di fare nella nostra rosa, con prestiti e accordi con altri club, era di trovare le soluzioni migliori per tutti”.

Tema cessioni: “Abbiamo venduto per più di 160 milioni di euro in giocatori e se guardi a chi abbiamo venduto, forse solo Ibanez e Zaniolo giocavano davvero nella nostra squadra perché tutti gli altri giocatori non erano elementi importanti. Erano in prestito o fuori rosa”.

Sul messaggio mandato a Mourinho: “Penso che tra il messaggio e l’annuncio siano passati 14 giorni – spiega Tiago Pinto -. La notizia ha colto di sorpresa anche la maggior parte dei giornalisti italiani che si occupano di mercato. Se penso alla proprietà e al modo in cui abbiamo messo sotto contratto Mourinho, questo li rappresenta molto bene. Fare le cose velocemente, senza spifferi e sorprendere tutti”.

A Londra Tiago Pinto ha dovuto passare molto tempo. Prima per andare a prendere Mourinho, quest’estate anche per trattare col Chelsea per Lukaku ma anche, nella sua prima sessione estiva, per acquistare Tammy Abraham: “Avevamo Dzeko, un giocatore molto, molto importante nella storia della Roma. A quel tempo eravamo in trattative per la sua partenza. Volevamo dimostrare ancora una volta che il nostro progetto sarebbe stato basato su giovani giocatori ma mantenendo comunque la stessa ambizione. La prima stagione è stata fantastica. Ha segnato quasi 30 gol, ma Tammy è più di un marcatore. Se guardi i numeri, è sempre stato un ragazzo che fa anche 10 assist a stagione”.

Da Abraham a un altro grande colpo, l’estate seguente, con l’arrivo di Paulo Dybala che sarà accolto da migliaia di tifosi in una presentazione show al Palazzo della Civiltà: “Penso che siamo stati molto bravi nel gestire i tempi perché alla fine della stagione o all’inizio del mercato, se fossimo andati a combattere con i club che erano interessati, non avremmo avuto la capacità di farlo. Quindi per alcuni motivi, ma non voglio menzionare i club in questione, diciamo che la ‘società A’ non era in grado di concludere l’accordo in quel momento, la ‘società B’ stava cambiando allenatore. Quindi abbiamo capito il momento, ora o mai più. Avevamo una settimana per fare questa cosa e durante quella settimana a Torino, penso che abbiamo lavorato ancora molto bene come squadra, con la proprietà e l’allenatore pienamente coinvolti”.

Sull’arrivo di Romelu Lukaku. “Lo conoscevo molto, beh perché parlavamo di un altro suo giocatore”, rivela Tiago Pinto sull’agente del belga. “E naturalmente ogni volta che parlavamo dell’altro giocatore, facevo sempre delle battute. ‘Cosa succederà con Lukaku?’. Non ho mai detto di voler Lukaku, ma ho sempre saputo cosa stesse accadendo e un giorno – questa è una storia divertente – ero con Ryan Friedkin. Stavamo guardando l’allenamento e questo agente mi ha chiamato e io invece di dirgli “buongiorno”, ho detto qualcosa del tipo: ‘No, non voglio Lukaku, amico! Non ho i soldi per Lukaku e lui rideva e rideva e rideva. Lui mi ha risposto: “No, non chiamo per Lukaku””. Si ritrovò di nuovo su un aereo per Londra con Ryan e, cinque giorni dopo, Dan Friedkin stava pilotando per portare Lukaku a destinazione, a Roma. Aggiunge Pinto: “Penso che tre anni fa se avessi chiesto a un tifoso della Roma se credeva fosse possibile avere nella stessa squadra Dybala, Tammy, Lukaku e Mourinho, forse avrebbero detto: ‘Sei pazzo’. E ora invece li hanno”, dice sorridendo.

Sui Sold out e i tifosi della Roma: “Penso che sia giusto dire che non ci sono molte atmosfere come quelle che hai qui a Roma”, dice Pinto. Che poi attribuisce ai Friedkin il merito di aver “riportato questa unità tra loro, la città e la squadra”. Si passa dunque al ricordo doloroso della finale di Europa League persa ai rigori col Siviglia, che non ha significato solo la mancata possibilità di alzare un trofeo: “Abbiamo perso la qualificazione alla Champions League. Poi tre o quattro giorni dopo, abbiamo avuto il grosso infortunio di Tammy”.

Un’assenza dalla Champions League che si fa sentire, Tiago Pinto la analizza così: “Le ultime tre squadre a vincere il campionato in Italia sono state eliminate molto presto dall’Europa. Quando l’Inter vinse lo scudetto con Conte, sono usciti nella fase a gironi di Champions League a dicembre. Quando il Milan ha vinto il campionato, fu eliminata nella fase a gironi. Quando il Napoli ha vinto, era fuori dalle coppe ad aprile”. Ma il General Manager portoghese non abbandona il sogno di una nuova finale di Europa League: “Puoi vedere anche nella storia della Champions League: quando il Liverpool ha perso una finale, poi l’ha vinta, il Milan anche ha perso e poi ha vinto, il Manchester City ha perso e poi ha vinto”.

Sul futuro del gm il portoghese ha risposto così: “Tre anni alla Roma! Non sono molti i direttori sportivi che hanno l’opportunità di stare tre anni alla Roma”. Il club ha avuto tre Ceo diversi in questo periodo e la decisione sul prolungamento del contratto di Mourinho passerà per i Friedkin. Quanto al futuro di Tiago Pinto, il dirigente si immagina in Premier League un giorno: “È il campionato in cui tutti vogliono stare: i giocatori, gli allenatori e i dirigenti. È il migliore al mondo. Mi piacerebbe fare quell’esperienza. Ora o più tardi. Adesso la cosa più importante è provare di nuovo quello che ho provato al Benfica e quando sono arrivato a Roma. L’allineamento e l’impegno con la gente del club. Dopo Roma, sono pronto a tutto”.

Anthony Cervoni
Anthony Cervoni, redattore di SportPaper.it e Sport Paper TV, esperto di calcio italiano ed estero