Roma, Candela: “Con Zeman male? Ero sul mercato, non sarei scappato di notte come altri”

Candela torna a parlare di Roma per i suoi 50 anni

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Candela - ph KeyPress

Vincent Candela compierà 50 anni e in occasione del suo compleanno ha concesso una lunga intervista a Il Messaggero. Ecco le parole dell’ex terzino giallorosso, campione d’Italia nella stagione 2000/2001.

Roma, le parole di Candela

“Mi sarebbe piaciuto avere un ruolo a Trigoria, tra calciatori e dirigenza, occuparmi delle dinamiche del gruppo. Ho sempre chiesto, fin dai tempi di Baldini, poi ne ho parlato con Montella, con Di Francesco, sarei andato anche gratis. Forse non sono in grado, forse mi sono posto male. Un po’ mi è dispiaciuto. È una follia che Francesco non faccia parte della Roma. Le sue maglie sono ancora oggi le più vendute, è uno conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. È la storia di questo club, forse è uno scomodo, magari fa ombra a qualcuno, non saprei. Uno come lui ci deve stare, magari insieme”.

A cinquanta anni ci dice se era più forte Totti o Zidane? 
“Uno ha giocato solo nella Roma, l’altro nel Real, nella Juve; uno ha fatto cento gol e ha vinto tutto, l’altro trecento e vinto meno. Ma come si fa a rispondere? Impossibile”.

Perché ha smesso presto? 
“Quando sono andato via da Roma si è spenta la luce, sono partito lasciando 2 milioni e mezzo. Non ho mai giocato per soldi, altrimenti avrei tirato fino a quarant’anni”.

Con Zeman male? 
“Ci faceva fare delle cose che non mi piacevano e spesso litigavamo. Ero sul mercato, mi voleva Lippi all’Inter. Non sarei scappato di notte come altri”.

Anno 2004, la sera della Befana: Roma-Milan, cosa è successo? 
“Eravamo tutti arrabbiati con i brasiliani, scesi in campo pur essendo tornati tardi dalle vacanze di Natale. Il gruppo è il gruppo e in quel momento si era diviso”.

Il suo rapporto con Capello?
“Facevo un po’ come volevo. Dopo le partite in trasferta, spesso restavo in città e alcuni giocatori chiedevano al mister se potevano rimanere con me. Con Capello era così: io do tutto, ma poi non mi rompere”.

Un compagno con cui ha litigato?
“Aldair. Finimmo alle mani. Mi rimproverava in campo, platealmente. Nello spogliatoio ci hanno dovuto dividere. Ma Alda è uno dei miei migliori amici”.

Ha fatto pace con Mourinho?
“Avevo solo mosso una critica, a Tolosa, la scorsa estate, mi ha detto che era tutto archiviato”.

Ha mai pensato di fare l’allenatore? 
Mi chiamò la squadra di Puskas, l’Honved, ma la Federazione non ha firmato la deroga, cosa che ha fatto in passato con altri. Ho preso un patentino Uefa B, poi c’era da aspettare un altro anno e non mi andava più. Ho chiesto di fare da assistente a Garcia, a Di Francesco, niente. Se fosse arrivato Blanc…”.

Il suo “problema” da giocatore è stato Lizarazu:
“Alla fine mi ha pure ringraziato per come sono stato al suo “fianco”. Ma io, dopo il Mondiale in Giappone ho chiesto: c’è ancora Lizarazu? Sì. Allora addio. Dopo otto anni mi ero rotto le scatole”.

Oggi segue il calcio?
“Solo la Roma. Il resto mi annoia. Vedo poca tecnica. Prima si giocava dieci ore per strada, oggi i ragazzi fanno tattica in quelle ore di allenamento e stop”.

C’è un Candela? 
“Theo Hernandez. Io giocavo pure col padre, Jean-François. Mi piaceva Zalewski, poi da sinistra è finito a destra e si è perso”.

Davide Parravano
Davide Parravano, redattore di SportPaper.it e di Komunicare Editore, esperto di calcio italiano ed estero